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Una legge impedisce il fotovoltaico sui terreni bruciati

Ago 2, 2021

AGI – Se hai interesse a un terreno e pensi di poterlo acquistare a basso costo per poi costruirvi sopra o installarvi infrastrutture produttive come un impianto fotovoltaico, non faresti un buon affare dandogli fuoco. In Italia, infatti, la legge 353 del 2000, recepita sia in Sicilia sia in Sardegna, stabilisce che “le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni” e che “è inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate a insediamenti civili e attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione”

L’allarme su una invasione del fotovoltaico e l’ipotesi di una relazione tra l’acquisto di terreni necessari a impiantarvi i pannelli solari e gli incendi che distruggono da anni (e non solo negli ultimi giorni) il patrimonio boschivo italiano, perdono forza di fronte a una norma del genere, intesa a scoraggiare le speculazioni edilizie e produttive ai danni dell’ambiente.

L’allarme è stato rilanciato oggi da Coldiretti, in una nota che fa riferimento a ‘indagini’ in corso in Sicilia e lancia una petizione “a difesa del suolo”. Si tratta, in realtà e almeno per il momento, di una serie di sospetti su cui la Commissione Regionale Antimafia siciliana ha avviato accertamenti, in particolare riguardo ai territori della Sicilia centrale, l’Ennese e il Nisseno, e ai roghi che hanno interessato, spiega una fonte della Commissione all’AGI, la valle del Simeto. “E’ una ipotesi tra tante”, precisa la fonte, avanzata soprattutto da diversi ambientalisti ascoltati dalla Commissione.

Tra questi non c’è Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia. “Questa relazione tra fotovoltaico e incendi mi sembra una sciocchezza – spiega all’AGI – proprio perchè una legge vieta per anni le trasformazioni urbanistiche nei terreni bruciati. E, tra l’altro, per ora è possibile fare il fotovoltaico nei terreni agricoli: dov’è il nesso? Certo, quando si parla di incendi non mi meraviglio di nulla. Mi pare, però, che non si possa porre l’accento su questo tema nel disastro di questi giorni. Ci sono tante ragioni assurde e inconcepibili di delinquenti che appiccano il fuoco, ma questo parallelismo, alimentato da una parte della stampa, mi pare fuorviante e fa perdere il nodo della questione: in questa regione gli incendi cominciano da anni a maggio e una pessima e arrugginita macchina organizzativa si mette in moto, quando va bene, a giugno, e con mezzi antiquati e personale anziano. Invece di parlare di questo, si va a guardare al fotovoltaico, contro le fonti rinnovabili. Se l’eolico era identificato con la mafia, al fotovoltaico toccherà essere associato agli incendi. Non ci si interroga, invece, sul fatto che una ragione di questi incendi è nei cambiamenti climatici”.

La procedura di autorizzazione per la realizzazione di un campo fotovoltaico prevede tempi piu’ rapidi per quelli realizzati su aree destinate nei Prg dei Comuni a insediamenti produttivi o aree industriali. Le societa’ che puntano alla realizzazione dell’impianto sono comunque interessate, in mancanza di superfici in zona industriale, anche ai terreni agricoli che devono avere caratteristiche orografiche specifiche, a cominciare dall’esposizione a sud, dall’essere pianeggianti, dal non avere alture o vegetazione circostanti che diminuiscono le ore di irraggiamento.

Da circa quattro anni vi sono procacciatori che, in tutta la Sicilia, individuano vaste aree per realizzare campi fotovoltaici. La realizzazione dei campi fotovoltaici e’ sottoposta a numerosi vincoli e restrizioni normative che si aggiungono alle caratteristiche morfologiche delle aree. Sulle aree naturalistiche e boschive non è possibile realizzare questi impianti. 

Le società che procacciano le aree idonee si occupano di stipulare i preliminari di vendita e una volta che ne sono in possesso, avviano le richieste di permessi ed autorizzazioni. Le prime autorizzazioni necessarie sono quelle di competenza dei comuni, concessioni edilizie e autorizzazioni a costruire, e quella dell’Enel, a cui viene presentato il progetto per il rilascio della Stgm, la soluzione tecnica minima generale, pratica per la quale l’Enel chiede per un campo di piccole dimensioni circa 40 mila euro, somma che varia dalla posizione della cabina Enel di trasformazione alla quale l’impianto deve essere collegato. A questi costi si aggiungono quelli per il rilascio della concessione edilizia.

La società, una volta che questo primo step è completo con il rilascio della concessione da parte dei Comuni e l’autorizzazione di Enel, mette all’asta il progetto. Mediamente si svolgono un minimo di due aste all’anno. Ad acquistare sono società che poi realizzano l’impianto, per il quale è stata espletata tutta la complessa fase preliminare. Se il progetto viene venduto, il nuovo acquirente subentra alla società che ha sbrigato tutta la prima fase, conclude l’acquisto con i proprietari dei terreni intervenendo alla stipula del contratto di compravendita delle aree e avvia i lavori.

A schierarsi contro il fotovoltaico senza regole per la “difesa del paesaggio” sono, da diverso tempo le associazioni che si raccolgono nel cartello Articolo 9 (quello che nella Costutizione “tutela il paesaggio”, ndr). Spinte a farlo dal decreto Semplificazioni legato al Pnrr, hanno preso posizione contro un “consumo indiscriminato del suolo” italiano, che, argomentano, potrebbe trasformarsi in una “sterminata zona industriale senza confini”. “Sono contro gli impianti fotovoltaici selvaggi e senza regole”, precisa Zanna, indicando “nelle cave dismesse, nell’agrivoltaico, nei capannoni industriali e nel microfotovoltaico nelle case” i siti in cui questa fonte rinnovabile può insediarsi. Ma non si puo’ parlare di “una Sicilia trasformata in uno specchio, se alla fine è interessato solo lo 0,6% del territorio dell’isola”.

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