“Finalmente, dopo 11 anni, possiamo dire che l’assassino di Tatiana ha un volto”. Gli occhi della mamma, Meri Conchione, sono ancora lucidi e la voce rotta dalla commozione. Il gup del tribunale di Udine Andrea Odoardo Comez ha appena pronunciato una sentenza di condanna a 16 anni di reclusione nei confronti di Paolo Calligaris, della dinastia dei mobilieri friulani, unico imputato per il delitto dell’allora compagna Tatiana Tulissi, la 37enne di Villanova dello Judrio uccisa nel tardo pomeriggio dell’11 novembre 2008 a colpi di pistola – un revolver calibro 38 mai ritrovato – sull’uscio della villa a Manzano (Udine) in cui la coppia abitava.
L’ultima udienza del processo, celebrato con il rito abbreviato, era cominciata alle 9 di stamani con le repliche delle parti. Nel primo pomeriggio il giudice si è ritirato in camera di consiglio. Due ore e mezza più tardi è uscito con il verdetto di primo grado con cui ha accolto in toto la richiesta di condanna che era stata avanzata al termine della sua requisitoria dal pm Marco Panzeri. Nel provvedimento il gup ha riconosciuto anche il risarcimento danni ai familiari della vittima, costituitisi parte civile, accordando una provvisionale alla mamma e ai fratelli, Marzia e Marco, che hanno assistito a tutte le udienze.
“Riteniamo il nostro cliente assolutamente innocente. Ci riserviamo di leggere le motivazioni della sentenza ma fin d’ora possiamo dire che proporremo appello”, ha preannunciato uscendo dall’aula l’avvocato Rino Battocletti, che insieme con i colleghi Alessandro Gamberini e Cristina Salon difende Paolo Calligaris. L’imprenditore friulano, che alle scorse udienze aveva assistito alle arringhe del collegio difensivo, oggi non era in aula.
Indagato una prima volta all’indomani del delitto, Calligaris ne era uscito indenne con la archiviazione della propria posizione da parte del gip a inizio gennaio 2012, su richiesta avanzata qualche mese prima dalla stessa Procura di Udine.
Proseguite a carico di ignoti, le indagini erano state poi riaperte dalla Procura nei suoi confronti a metà 2016. A novembre 2018, a quasi 10 anni esatti dal delitto, è giunta la decisione della Procura di chiedere per lui il rinvio a giudizio.
“Accolgo con rispetto ed apprezzamento la decisione del giudice, che ha certificato la bontà dell’impegno profuso sia dagli inquirenti sia dal collega cui da ultimo è stato assegnato il procedimento, il quale vi si è dedicato con abnegazione, profondo acume logico-giuridico, esemplare conduzione dell’indagine e dell’udienza, con il solo obiettivo di non lasciare nulla d’intentato per giungere alla verità”, si è limitato a riferire all’esito il Procuratore capo di Udine Antonio De Nicolo.