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TRA RISCHI E RENDIMENTI

Lug 26, 2016

Perché mai un risparmiatore italiano, abituato per anni a investire in Titoli di Stato con rendimenti elevati ma senza particolari rischi da correre, dovrebbe oggi accontentarsi di un tasso negativo sui Bot o di un misero 1,25% lordo sui BTP decennali? Non parlo di coloro i quali non controllano i propri investimenti perché pensano di avere già il meglio avendo comprato qualcosa di cui disconoscono persino il significato, salvo poi ritrovarsi ad avere perso tutto ma, piuttosto, di coloro che sono attenti a valorizzare al meglio il proprio capitale sottratto al consumo. Il concetto che la stragrande maggioranza degli italiani ancora ignora è che da sempre alla parola investimento non può che essere associata la parola rischio. Soltanto nel 2014 i tassi erano per i Bot annuali appena sotto l’1% e per i Btp decennali poco sopra il 3%: alzi la mano chi non farebbe oggi carte false per avere quei rendimenti che allora parevano troppo bassi, limitandosi a trattare titoli a breve, rinunciando a scadenze molto più lunghe cosi da garantirsi per più anni rendimenti più elevati, solo perché un periodo più lungo era considerato rischioso?

 
Emotivamente coinvolti tra brexit e attentati, tra colpi di Stato e oscillazione del prezzo del petrolio, molti risparmiatori hanno deciso di lasciare tutto sul conto corrente, incorrendo in quel nuovo rischio chiamato Bail-in. Lasciare oltre 100.000 euro sul conto corrente non è più così sicuro, in caso di dissesto della banca a cui abbiamo affidato i nostri sudati risparmi. Ecco che allora tutti coloro che hanno liquidato tutte le loro posizioni per gestire la liquidità sul conto sono tutelati sino a 100 mila: ogni euro che eccede quella soglia è sottoposto alla dura legge europea del Bail in. La soluzione potrebbe essere quella di spezzettare il capitale tra varie banche per importi non superiori ai 100 mila euro, confidando nella non dissestata condizione delle banche scelte. Ma anche questo comporta un rischio. Altri invece hanno scelto di diversificare su qualcosa che almeno conservi il capitale di partenza o almeno non faccia perdere così tanto. Si rinuncia cosi al rendimento oppure si paga un costo, per fare in modo che il capitale non venga intaccato e rimanga almeno costante nel tempo, stante l’attuale tasso di inflazione. Ecco spiegato dunque il perché dell’incrementato appeal verso l’acquisto di rendimenti negativi: il rapporto di copertura dell’ultima asta dei Bot (luglio 2016) ha toccato un lusinghiero 1,55%. Non va meglio per coloro i quali (e non stiamo parlando solo di investitori italiani) si sono affidati alla sicurezza tedesca: acquistare un Bund decennale costa oggi un rendimento del – 0,45% su dieci anni appunto. Proteggere il denaro oggi costa e in molti pagherebbero per avere i rendimenti ancora garantiti dalle polizze di capitalizzazione a gestione separata, che sino a ieri erano considerati strumenti a basso rendimento a causa dei costi.

 
Ma cosa bisogna aspettarsi nei prossimi mesi a proposito di tassi di rendimento? Qualcosa cambierà? Non possiamo aspettarci niente di buono, se vogliamo intendere in termini di aspettativa sulla crescita dei tassi. Saremo costretti a convivere nei prossimi anni con rendimenti sottozero e questo non potrà non avere ripercussioni sul modo di investire della maggior parte dei risparmiatori in Italia, cosa non così negativa come sembrerebbe ad una prima e non approfondita analisi. Ma di questo avremo modo di riparlarne.

 

Dr. Giovanni B. Donini

 

*La presente non costituisce sollecitazione di pubblico risparmio o promozione di prodotti finanziari.

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