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Studio Aperto contro i videogiochi, la sagra delle banalità

Feb 3, 2017

Sembrava una giornata come tante presso la redazione di Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1 noto per i suoi numerosi servizi sui seni delle star, litigi di vicinato e casi di cronaca strumentalizzati ad arte. Nulla avrebbe lasciato presagire che da lì a poco il mondo dei videogiochi avrebbe subito un “duro” colpo.

Tutto è cominciato con un servizio andato in onda il 2 febbraio nell’edizione delle 18.30 del TG. L’antefatto è il recente caso di cronaca di Ferrara, su cui si è espressa anche l’AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videgiochi Italiani) in merito a un ingiustificato accanimento di alcune testate giornalistiche nei confronti dei videogiochi.

Videogiochi e cronaca nera, un legame inaccettabile

Evidentemente qualcuno nella redazione di Studio Aperto ha deciso di tapparsi le orecchie, chiudere gli occhi e fare versi gutturali con la bocca per non sentire ragioni: il servizio andava fatto martellando duramente i videogiochi.

Studio ApertoStudio Aperto

“Partiamo con una musica tragica e d’impatto che accompagna un parere illustre”, deve aver pensato l’autrice di questi tre minuti di follia. Il parere in questione arriva da Maria Rita Parsi, psicoterapeuta che per motivi ignoti (o voglia di visibilità) ha sposato la causa di Studio Aperto.

“Basterebbe vedere […] quanti modelli criminali distruttivi e aggressivi arrivano dal mondo virtuale, dal cinema…”, sostiene la psicoterapeuta senza finire la sua frase. Come se il discorso fosse stato tagliato appositamente per evidenziare la presunta correlazione fra la violenza dei media e quella del mondo reale. Un collegamento che, se esistesse veramente, avrebbe già provocato l’estinzione dell’umanità da diversi decenni, ma andiamo avanti.

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La parola “all’esperta”

“Non c’era giorno e non c’era notte per Manuel. Ore e ore trascorse qui, chiuso nella sua cameretta, sdraiato sul letto, incollato allo schermo. Concentrato a sparare, a massacrare, a spargere sangue. Quella dei videogame […] era diventata un’ossessione. Il suo regno. Il suo rifugio”, recita il servizio in un crescendo emotivo degno di un romanzo per adolescenti. Roba che dovrebbe colpire come un pugno nello stomaco, anche se con un servizio di tale qualità l’effetto è quello di due dita in gola.

Le immagini staccano sul padre del ragazzo, che in mezzo a tante parole inutili pronuncia l’unico discorso sensato. Purtroppo è solo un fugace lampo di lucidità, prima di sprofondare nel baratro dei cliché che legano i crimini violenti ai videogiochi.

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“‘La rovina di Manuel sono stati i videogiochi’, ha raccontato il padre al settimanale Oggi. Non riusciva a staccarsi, era dentro e non riusciva più a venirne fuori. I pomeriggi interi, le notti, sempre a sparare, uccidere e cercare di non essere eliminato”. Ancora una volta si cerca di far leva sui telespettatori, suggerendo un collegamento, completamente indimostrato, fra l’uso dei videogiochi e la propensione al crimine.

Di nuovo la parola alla psicoterapeuta. “Forme di eliminazione così feroci, come appunto tagliare la testa con l’ascia, non è… Non è… Non è una… Mmmhhh… Una eliminazione qualunque. Eeeh. Tagliare la testa con l’ascia e poi… Ehh. Rinchiuderla nei sacchetti. Richiede, come dire, una… Un collegamento con modelli, con cose viste”, prova a spiegare “l’esperta” senza troppo successo.

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La nostra reazione dopo l’illuminante discorso

Tentiamoci noi in poche parole: i crimini efferati richiedono che alla base ci sia qualcosa a cui ispirarsi. Ci piacerebbe sapere su cosa si basa quest’affermazione così perentoria, ma non abbiamo nemmeno il tempo di prendere il fiato che l’autrice del servizio rincara la dose, agganciandosi alle ultime parole della psicoterapeuta.

“Cose già viste, come i massacri dei suoi videogame. Completamente ipnotizzato dalle immagini di violenza…”. Qui dobbiamo fare una pausa perché in questo preciso momento il servizio mostra un’immagine (censurata con un brutto filtro di Photoshop) di due ragazzi che si divertono con un gioco di calcio. L’abbiamo sempre saputo che le liti più violente nascono dalle partite con FIFA o PES! Grazie Studio Aperto per averci dato la conferma che aspettavamo da decenni. Ora possiamo proseguire con il delirio.

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Cosa diavolo stiamo guardando?

“…assuefatto agli spargimenti di sangue, alle guerre e alle stragi che si materializzavano sullo schermo”. Nulla di nuovo, soltanto un altro tentativo di dipingere i videogiochi violenti come i veri carnefici degli efferati casi di cronaca che coinvolgono gli adolescenti.

Il servizio prosegue con un altro parere dell’opinionista e con una dichiarazione del padre, del parere che avrebbe dovuto buttare via tutta “quella robaccia”, mentre le immagini stringono su una foto che mostra i videogiochi del ragazzo. Come se sarebbe potuto servire a qualcosa. Come se i veri colpevoli fossero i videogiochi.

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Guardando quest’immagine non possiamo fare a meno di chiederci… Perché un televisore CRT?

Il vero “capolavoro”, tuttavia, arriva in fase di chiusura. “Poi una notte il mondo virtuale di Manuel ha invaso la vita. Quella vera. Il ragazzino che giocava alla console si è trasformato in uno dei protagonisti dei suoi videogame che ammazzano a raffica. Finzione e realtà confuse. Un confine che rabbia e aggressività hanno annullato, ma nel mondo reale non c’è un interruttore che possa azzerare la partita. In questa tragedia non c’è il game over”.

Standing ovation. Già c’immaginiamo mamme preoccupate intente a guardare il retro delle copertine dei videogiochi dei loro figli, cercando di decifrare eventuali immagini violente che potrebbero trasformare i loro pargoli nei prossimi killer e star di Studio Aperto.

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Una pericolosa assassina mentre medita sul suo prossimo obiettivo

Noi vogliamo rivolgerci proprio a queste mamme. Lasciate giocare i vostri figli. Magari con qualche regola sulla quantità di tempo da dedicare quotidianamente a quest’hobby, su questo non ci piove, ma lasciateli giocare. I videogiochi non hanno mai ucciso nessuno.

Se notate comportamenti deleteri da parte dei vostri cuccioli, parlatene con qualcuno. Non date la colpa di tutti i mali del mondo ai videogiochi, come qualcun altro vorrebbe farvi credere. E fateci un favore: smettete di guardare Studio Aperto. Grazie.

Se invece volete continuare a farvi del male, potete verificare tutte le dichiarazioni riportate in questo articolo dando un’occhiata al servizio andato in onda ieri (dopo 35 minuti e 33 secondi). Noi ve lo sconsigliamo. Non fatevi del male.

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