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Rosalba Castro: “Mio marito ucciso dai terroristi e ora mi negano la pensione”

Dic 11, 2016

PALERMO. “Se per avere un certificato non sono bastati dieci mesi, per avere la verità quanti anni ci vorranno?” Rosalba Castro sfoga tutta la sua rabbia per la beffa alla quale non riesce ancora a credere. “Mi hanno negato la pensione che mi spetta come familiare di vittima di terrorismo. Tutto quello che sanno non gli basta. Devo forse dimostrare io che mio marito in Libia è morto massacrato da terroristi?”. Da marzo, quando Salvatore Failla è tornato nella sua casa di Lentini in una bara dopo nove mesi nelle mani dei miliziani libici che lo avevano rapito insieme ad altri tre tecnici della Bonatti, la vedova aspetta che qualcuno, prima dalla Farnesina e ora dal Viminale, si faccia vivo. Per spiegarle perché suo marito e il collega Fausto Piano sono stati uccisi, ma adesso anche per dirimere l’impasse burocratica in cui si è arenata la pensione che la legge riconosce ai familiari di vittime di mafia e terrorismo. Nonostante, come sottolinea il suo legale Francesco Caroleo Grimaldi, il certificato rilasciato dal pm di Roma Colaiocco sull’indagine in corso per sequestro e omicidio a fini terroristici. “L’Inps mi ha risposto che manca il certificato che attesta la mia condizione, la prefettura di Siracusa dice che il documento deve arrivare dal ministero dell’Interno e lì, dove ovviamente hanno tutto quello che occorre, dicono che il procedimento non è ancora concluso. Ma scherziamo? La pensione me la devono dare, ma non è questo quello che mi amareggia di più”.

E cosa allora signora Failla?

“L’indecente silenzio che avvolge questa vicenda, le tante bugie che il governo ci ha detto e soprattutto le tantissime cose che non ci hanno detto. Per Giulio Regeni, per Valeria Solesin, giustamente, il governo italiano si batte, ma di questi operai andati a morire in Libia, massacrati per chissà quali interessi, nessuno si occupa. A nessuno interessa nulla di me e delle mie figlie. Come se noi, al pari delle altre famiglie, non avessimo diritto alla verità”.

Cosa crede che sia successo veramente in Libia?

“Non credo che Salvo sia morto il 2 marzo, come ci dicono. Sul presunto riscatto da 13 milioni di euro è calato un silenzio insopportabile per un Paese civile. Io sono convinta che il governo abbia pesanti responsabilità, a cominciare dall’aver acconsentito ai bombardamenti su Sabratha nonostante ci fossero quattro concittadini rapiti. Per mesi la Farnesina mi ha imposto il silenzio, ma adesso basta. Alle mie accuse non è arrivata nessuna smentita. Dunque chi tace acconsente”.

Farà ricorso per la pensione come le ha suggerito l’Inps?

“No, lo trovo umiliante. Spero che qualcuno si passi una mano sulla coscienza, chi non è stato in grado di riportare a casa mio marito vivo e chi adesso non fa nulla per me e per le mie figlie. Ho due ragazze di 15 e 23 anni da mandare avanti che devono costruirsi una vita e io darò battaglia finché avrò forza. Vergogna!”.

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