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Renzi lascia. Prima l’euro crolla, poi recupera e le Borse girano in rialzo

Dic 5, 2016

MILANO – Il “no” dato per favorito dai sondaggi ha trionfato al referendum italiano e i mercati ne hanno preso atto con un primo segnale: l’euro è scivolato ai minimi da venti mesi dopo l’annuncio delle dimissioni di Matteo Renzi. I future sui listini azionari sono deboli, mentre lo spread tra Btp e Bund apre con un balzo a 178 punti dai 162 punti di venerdì pomeriggio. Il rendimento del titolo decennale italiano torna al 2%.

La moneta unica è dunque tornata nella notte ai livelli del marzo 2015, cedendo più terreno rispetto a quanto accadde dopo la Brexit: ha sfiorato quota 1,05 dollari per poi risalire leggermente. Si è trattato di un movimento che è dunque in gran parte rientrato, nel giro di poche ore, anche perché nella domenica di voto – dicono nelle trading room – ha pesato anche la scelta dell’Austria di premiare il verde Alexander Van der Bellen nelle elezioni per la presidenza ponendo un freno all’avversario populista Norbert Hofer, dato per favorito.

Renzi lascia: l'euro ai minimi dal marzo 2015, poi risale. Spread verso 180

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Sta di fatto che la tensione resta elevatissima e, mentre le Borse asiatiche trattano deboli e i titoli di Stato dei Paesi forti viaggiano al rialzo (come accade sempre nei momenti di incertezza), l’attenzione si concentra tutta sulla riapertura di Piazza Affari e degli altri listini europei. Le osservate speciali sono le banche, a cominciare dal Monte dei Paschi che si affida al mercato per un aumento di capitale da 5 miliardi fondamentale per la sua continuità: se l’incertezza dovesse spazzare via i potenziali investitori, la stampella di sicurezza dovrebbe arrivare dal pubblico e coinvolgere così i risparmiatori privati con un “bail-in” che azzererebbe i loro investimenti.

Per quanto rigurada lo spread tra Btp e Bund tedeschi, tra gli investitori c’è la certezza che si potrà vedere qualche tensione, ma non accadrà quanto successo nelle caldi fasi del 2011-2012: la Bce ha in atto il programma d’acquisto di titoli che potrà indirizzarsi in particolare sull’Italia, dando respiro ai titoli di Stato. Proprio giovedì, per altro, Mario Draghi potrà annunciare un prolungamento del suo Quantitative easing al termine del Direttorio dell’Eurotower. Lo stesso governatore sarà per altro a contatto con i ministri finanziari dell’Eurozona già oggi a Bruxelles, dove è in agenda la riunione dell’Eurogruppo alla quale non parteciperà Pier Carlo Padoan, a differenza dell’agenda della vigilia: secondo gli osservatori primo degli indiziati per la guida di un prossimo governo tecnico.

Le Borse asiatiche hanno trattato in calo, ma senza particolari contraccolpi: Tokyo ha segnato un calo finale dello 0,82%. Shanghai lima l’1,3%, Hong Kong lo 0,36%, Seul lo 0,23%, Sydney ha chiuso in perdita dello 0,75%. Da sottolineare che oggi è partita la connessione tra le Piazze di Hong Kong e di Shenzhen: si aggiunge a quella attiva già dal 2014 tra Hong Kong e Shanghai e darà agli investitori stranieri l’opportunità di acquistare azioni quotate sul listino della Cina continentale e ai risparmiatori cinesi di investire su aziende straniere quotate nell’ex colonia britannica.

Tra le materie prime, il prezzo del petrolio è in ribasso dopo i rialzi della settimana scorsa, legati all’accordo Opec sulla riduzione produzione. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cede 32 cent a 51,36 dollari e quelli sul Brent arretrano di 35 cent a 54,11 dollari al barile. L’oro sale fino a 1.190 dollari l’oncia, dopo i risultati del referendum costituzionale e le dimissioni di Matteo Renzi e poi si assesta poco mosso a 1,177 dollari l’oncia.

Occhi puntati anche sull’effetto che la vittoria del ‘No’ al referendum italiano e le dimissioni del governo Renzi avranno sull’andamento di Wall Street, dopo la striscia positiva di chiusure record inanellata dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane: la Borsa Usa è reduce da una seduta contrastata, con il Dow Jones in calo dello 0,1% e il Nasdaq in rialzo dello 0,1%. A novembre, comunque, l’indice delle blue chip ha messo insieme un rialzo del 5,4% che non si vedeva dal marzo scorso.

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