• 17 Maggio 2024 12:55

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Processo Regeni, uno degli 007 imputati partecipava alle indagini sulla morte

Mag 2, 2024

 

AGI – C’era anche Uhsam Helmi, 007 egiziano, alle riunioni del team congiunto con gli investigatori italiani che indagavano sulla morte di Giulio Regeni, avvenuta al Cairo nel 2016. Il colonnello Helmi è uno degli imputati, accusati con altri tre suoi colleghi della National Security di aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore universitario trovato cadavere il 3 febbraio del 2016 nella strada che conduce ad Alessandria. Insieme a lui sono imputati anche Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahime, Magdi Ibrahim Abedal Sharif.

 

Davanti ai giudici della corte d’assise della Capitale sono stati ascoltati i vertici del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato che seguirono le indagini: il direttore responsabile, Vincenzo Nicolì e il dirigente Alessandro Gallo. Le foto del colonnello Uhsam Helmi, in occhiali da sole, giacca blu e camicia bianca, sono state mostrate nell’aula del tribunale di Roma. Sono state scattate quando l’ufficiale egiziano ora sotto processo partecipava il 10 febbraio 2016 al sopralluogo ottenuto dagli investigatori italiani nel posto in cui venne trovato il corpo di Regeni.

 

“Quello con gli occhiali da sole è il colonnello Helmi, era presente molto spesso”, ha confermato il colonnello del Ros dei carabinieri Loreto Biscardi, che ha poi spiegato: “Non ci è mai stato fornito alcun filmato, nemmeno delle telecamere della metropolitana. Le indicazioni che venivano dal team di detective locali era quella di un complotto ai danni dell’Egitto o anche una azione terrorista da attribuire ai Fratelli musulmani. Tutto per complicare i rapporti con l’Italia”.

 

Anche Biscardi ha ricordato che “venivamo da un’esperienza positiva di scambi con la polizia egiziana, eravamo riusciti a interrompere qualche anno prima un traffico di migranti e le aspettative in partenza erano quelle di chiarire la vicenda. All’inizio – ha proseguito – ci fu una apparente collaborazione, ci consentirono di assistere alle assunzioni di testimonianze ma noi cercavamo riscontri oggettivi. Fin da subito le autorità egiziane furono informate che ciò che era emerso dall’autopsia svolta in Italia non era compatibile con le loro ipotesi investigative come l’incidente stradale”.

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