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Ponte Morandi, i dubbi del Tar: “Non chiari i parametri delle indennità agli sfollati”

Dic 7, 2019

Autostrade venne estromessa, anche sull’onda emotiva delle 43 vittime e dello shock mondiale, dalla demolizione di ciò che restava del ponte Morandi e dalla sua ricostruzione. Ma l’ordinanza con cui il Tar Liguria riconosce possibili profili di illegittimità costituzionale nella sua estromissione e trasmette il ricorso di Aspi alla Consulta, sgretola in maniera clamorosa le basi giuridiche su cui si poggia il decreto Genova e, a seguire, la creazione del Commissario per la ricostruzione e tutti gli atti emessi dalla struttura guidata da Marco Bucci.

Nelle 55 pagine di ordinanza il Tar non solo dichiara che la convenzione sarebbe stata violata a danno di Aspi ma fa suoi anche i dubbi sulla procedura con cui si preferì la cordata Fincantieri invece di quella con a capo l’impresa Cimolai e progetto dell’architetto Calatrava.

Non solo. I giudici criticano anche pesantemente i criteri con i quali il Commissario ha rimborsato – con i soldi di Autostrade – proprietari e residenti di alloggi nella zona rossa e in quella allargata.

Cimolai

Aspi aveva sempre dichiarato che il suo progetto di ricostruzione sarebbe stato meno costoso e più veloce. E nel ricorso al Tar ora finto alla Corte Costituzionale definisce “spropositata ed esorbitante” la somma che gli è stata richiesta per pagare il progetto di Renzo Piano. Non solo in relazione alla sua offerta ma in “relazione alle offerte presentate da altri soggetti, sicché la scelta di aggiudicare la procedura in argomento al raggruppamento Salini/Fincantieri anziché a quello con capogruppo Cimolai sarebbe priva di qualsiasi giustificazione e motivazione”.

Indennità agli sfollati

I giudici si spingono ancora oltre quando parlano dei soldi dati agli sfollati: “da un lato, non è dato comprendere con precisione sulla scorta di quali parametri economici sono state determinate le indennità per metro quadro; dall’altro lato, indeterminati e non pertinenti con lo specifico valore dell’immobile sono i parametri relativi alle “spese per gli acquisti degli arredi e di ogni altra spesa accessoria per la ricollocazione abitativa”.

Nel decreto Genova non è detto esplicitamente perché “pur a fronte della evidente urgenza e gravità della situazione, una celere e adeguata demolizione e ricostruzione non avrebbe potuto essere effettuata da Aspi” anche sotto “la vigilanza di terzi o comunque in collaborazione con il Commissario straordinario”.

La convenzione

Fra i vari motivi che hanno convinto i giudici del Tar dell’esistenza di un possibile illegittimità costituzionale, i termini con cui nel decreto legge Autostrade viene data per scontata la responsabilità di Aspi in assenza di qualsivoglia sentenza penale. Viene quindi violato “il principio di separazione dei poteri legislativo e giudiziario” perché il governo ha esercitato “un potere che non gli competeva”.

Scrive ancora il Tar: “L’esclusione dalle attività relative alla demolizione e ricostruzione dell’infrastruttura, unitamente all’imposizione di prestazioni patrimoniali di ingente importo paiono configurare, infatti, una restrizione della libertà di iniziativa economica che, in assenza di previ accertamenti in ordine alla responsabilità dell’evento, non pare giustificata dall’esigenza di tutelare eventuali interessi di rango costituzionale”.

Ma il punto più importante dell’ordinanza è senz’altro quello che riguarda la convenzione unica del 2007, ovvero i termini e le norme che regolano il rapporto fra il concedente, lo Stato, e il concessionario Autostrade. I giudici scrivono che “il legislatore risulta aver alterato il complesso di diritti ed obblighi attribuiti alla ricorrente (Aspi) dalla Convenzione Unica”.

La convenzione assegna al concessionario il diritto obbligo di provvedere a manutenzioni e ripristini e anche inadempienze o ritardi non diventano automaticamente cause di revoca.

Sottolineano i giudici che: “Quindi, come si può notare, la convenzione, che, si ricorda, è stata approvata legislativamente, attribuisce allo stesso soggetto debitore gravemente inadempiente una tutela molto accentuata e certamente derogatoria rispetto alle comuni previsioni codicistiche, sia sotto il profilo procedurale (reiterazione di diffide e termini in caso di decadenza) sia sotto il profilo sostanziale (con riguardo all’indennizzo dovuto in caso di recesso, revoca e risoluzione”.

Insomma, un contratto blindato e, in caso di revoca, comunque assai oneroso, economicamente, per lo Stato.

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