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Pisu (Ocse): “Sul Mes dibattito esagerato e politico. Il problema dell’Italia è che non cresce”

Dic 4, 2019

MILANO – “L’Italia si è svegliata tardi. C’è ancora tempo per qualche modifica, ma è un dibattito esagerato che non riflette la vera natura del Mes”. Mauro Pisu, dalla sua scrivania all’Ocse, guida il team che a intervalli regolari mette sotto la lente le finanze pubbliche italiane e i provvedimenti del governo, lasciando sovente partire bacchettate in nome delle riforme strutturali che, da Roma, tardano a venire. Dal suo osservatorio, il grande dibattito che si è sviluppato intorno alla riforma del fondo europeo salva-Stati è montato dalla politica. “L’Italia può chiedere un rinvio sulla sua approvazione, è prerogativa del Parlamento e i partner europei non dovrebbero avere problemi a capire che fa parte del processo democratico. Ma le proposte concrete sono una cosa differente dalla critica incondizionata e il Parlamento deve passare a discutere su questo livello”.

Pisu, l’Italia sta rischiando di disperdere il capitale di credibilità europea recentemente recuperato?

Non è un attentato all’unità europea chiedere maggiore tempo per verificare alcune questioni e avanzare migliorie. Ma non è altrettanto vero che il Mes sia una pistola puntata alla tempia dell’Italia. Agevolare la ristrutturazione di un debito, in caso di seria difficoltà, significa liberarsi dall’essere ostaggio dei creditori-avvoltoi. E’ una garanzia per evitare atteggiamenti speculativi da parte degli investitori.


E’ in Italia per l’Executive Summit di Business International. Si parla di prospettive economiche per il 2020: quali quelle dell’Italia?

Nei prossimi due anni crescerà in maniera assai moderata, prevediamo dello 0,4 e 0,5 per cento rispettivamente. Un ritmo assai minore rispetto ad altri Paesi europei e a livello mondiale, nonostante sia in accelerazione. L’Italia paga la congiuntura internazionale, sfavorevole sia per la guerra dei dazi che per la bassa fiducia che ha danneggiato gli investimenti.

Quando gli altri crescono, lo facciamo di meno. Quando rallentano, noi freniamo di colpo. Un problema che sembra ripetersi uguale a sé stesso..

La bassa crescita della produttività, che dura da metà degli anni Novanta, è il primo dei problemi italiani. I fattori sono molteplici, a cominciare dal basso tasso di innovazione delle imprese italiane. E’ giusto essere fieri dei propri settori di nicchia – come il farmaceutico, le biotecnologie, la meccanica specializzata – ma bisogna chiedersi: possono solo questi trainare il resto del Paese? Se guardiamo la media generale di investimenti innovativi, il ritardo rispetto agli altri Paesi europei è evidente.

Le ultime previsioni Ocse per l'Italia

Le ultime previsioni Ocse per l’Italia

Altre zavorre?

L’inefficienza della Pubblica amministrazione, sempre in raffronto agli altri Paesi sviluppati. A una tassazione tutto sommato elevata non corrispondono servizi pubblici di qualità. Parliamo dei tempi della giustzia, delle complicazioni per l’ottenimento di certificazioni e permessi: diventano tutti costi per le imprese.

Nell’ultima analisi sull’Italia, l’Ocse chiede una riforma fiscale di medio-lungo termine. Quali ricette?

Il primo pilastro dovrebbe essere la lotta senza quartiere verso l’evasione fiscale.

Lotteria degli scontrini, detrazioni vincolate all’uso dei pagamenti elettronici. Qualche provvedimento sta prendendo forma, come lo giudica?

Bene, vanno nella giusta direzione. Ma bisogna fare di più. Sul tetto all’uso del contante, si può scendere sotto 2 mila euro. C’è spazio ulteriore per premiare i pagamenti elettronici, come ha fatto aggressivamente la Grecia. A nostro parere è giusto introdurre meccanismi che legano la disponibilità di spesa delle famiglie, calcolata in base al reddito, a incentivi da attribuire a consuntivo delle spese effettuate nell’anno: se hai raggiunto un livello di spesa cashless, ricevi un bonus.

La polemica si sposta allora sui costi di questi strumenti.

Creare l’abitudine a pagare cashless è fondamentale. Le banche devono fare la loro parte. Se il giro d’affari legato al pagamento con le carte aumenta, ma i costi non scendono, è giusto che le Autorità sulla concorrenza intervengano per limitare le tariffe troppo elevate.

Fin dallo scorso aprile avete picconato la riforma pensionistica di Quota 100. Deluso dalla scelta del governo di portarla a compimento, salvo poi non rinnovarla?

Le nostre analisi si basano sui bisogni economici e sociali dell’Italia, poi la politica può tenere conto di interessi diversi. La nostra posizione è sempre quella: le risorse per Quota 100 sono impiegate male. Dovrebbero essere destinate a politiche che possano favorire l’entrata di nuovi lavoratori giovani, attraverso un abbassamento del cuneo fiscale permanente. Gli effetti si dispiegano in anni, è un percorso di medio-lungo periodo.

Suggerite poi di ridurre le tax expenditure, in particolare quelle dannose per l’ambiente. Sulla plastic tax e sulle auto aziendali sono stati fatti dei passi, che sembrano però in buona parte rimangiati: occasioni perse?

Anche in questo caso il governo ha dovuto fare retromarcia, ma le iniziative di base sono positive. La crescita sostenibile è un fatto ineluttabile per i Paesi Ocse e per mantenere la qualità della vita delle generazioni future. Bisogna però attuarla con un programma concreto e pluriennale: aziende e individui devono avere la possibilità di adattarsi al nuovo sistema fiscale, di consumo e di produzione. Se dall’oggi al domani introduco una tassa che rischia di metter fuori gioco una fetta di produzione e creare disoccupazione, è chiaro che si crea una opposizione notevole e insormontabile. Deve essere un passaggio graduale, serve una fase di transizione per dar tempo a imprese e cittadini di adattarsi.

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