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Perché bisogna rompere il sistema attuale di pubblicazione scientifica

Nov 13, 2024

L’editoria accademica, pilastro della disseminazione scientifica globale, dovrebbe fondarsi su principi di integrità e trasparenza. Tuttavia, la vicenda legata alla pubblicazione Origin of the distinct site occupations of H atom in hcp Ti and Zr/Hf nel International Journal of Hydrogen Energy rivela una dinamica che mina profondamente questi principi. Nell’articolo, si legge una dichiarazione scioccante che getta un’ombra sulla correttezza del processo di revisione scientifica: “As strongly requested by the reviewers, here we cite some references [35–47] although they are completely irrelevant to the present work”.

 

I riferimenti imposti dai revisori sono articoli firmati da Alex V. Trukhanov, come si può verificare direttamente nella bibliografia dell’articolo pubblicato. È molto probabile che Trukhanov sia lo stesso revisore che ha obbligato gli autori a includere quelle citazioni, e senza dubbio egli è il principale beneficiario di questo incremento artificiale delle citazioni. Dal suo profilo Google Scholar si può osservare una crescita esplosiva delle citazioni e un H-index eccezionalmente elevato. Questi fatti non fanno che confermare, una volta di più, quanto siano problematiche le metriche di valutazione accademica basate sul numero di citazioni. Gli interrogativi sollevati da tempo sulla validità di questi parametri non sono più ignorabili: è ormai evidente che devono essere abbandonati al più presto, poiché incentivano comportamenti opportunistici e distorcono l’intero sistema di valutazione scientifica.

 

Questo caso non rappresenta un semplice incidente isolato, ma denuncia un problema strutturale. Il processo di revisione tra pari, invece di essere un garante della qualità, rischia di trasformarsi in uno strumento di potere personale. Ancora più preoccupante è il fatto che l’intero sistema delle pubblicazioni accademiche sia ormai dominato da logiche di mercato, in cui il profitto guida le decisioni editoriali. La bibliometria, con la sua enfasi sulle metriche quantitative come il numero di citazioni, è diventata il motore di questa proliferazione incontrollata di riviste e articoli. Questo porta a un aumento esponenziale delle pubblicazioni, spesso a scapito della qualità e della rilevanza scientifica, creando così un ecosistema dove il valore della conoscenza viene sacrificato sull’altare della produttività e del guadagno economico.

 

I comportamenti rilevati in questo caso vanno oltre la semplice negligenza o disattenzione. Forzare gli autori a inserire citazioni irrilevanti non è solo un abuso di potere da parte del revisore, ma un vero e proprio atto di corruzione accademica. Questi atteggiamenti minano la credibilità della scienza e avvantaggiano indebitamente chi manipola il sistema per ottenere riconoscimenti e opportunità professionali immeritate. La complicità o la mancanza di vigilanza da parte di alcune riviste aggrava ulteriormente il problema, evidenziando una rete di interessi privati che sfruttano il sistema per guadagni personali.

 

L’etica della ricerca scientifica, che dovrebbe essere il fondamento del progresso umano, viene piegata alle logiche di interesse privato e commerciale. Il mercato dell’editoria accademica si avvantaggia di queste metriche, che incentivano la pubblicazione continua e l’espansione del numero di riviste, creando così un circolo vizioso che distorce la produzione di conoscenza e ne compromette l’affidabilità.

 

Non si tratta di lanciare una condanna indiscriminata al sistema accademico, ma di richiamare con urgenza l’attenzione su una questione che necessita di interventi concreti per ristabilire fiducia e rigore. Una possibile soluzione, già proposta dalla comunità scientifica mondiale, è contenuta nel documento DORA (San Francisco Declaration on Research Assessment). Sebbene la DORA sia stata pubblicata nel 2012 e abbia ricevuto una larghissima adesione internazionale, con migliaia di istituzioni e individui che ne sostengono i principi, essa non è stata implementata in modo efficace. Le ragioni sono molteplici: il peso delle metriche bibliometriche è profondamente radicato nei sistemi di valutazione delle università e degli enti di ricerca, che le utilizzano per prendere decisioni su finanziamenti, promozioni e assunzioni. Gli editori commerciali, che traggono enormi profitti dalla pubblicazione scientifica, hanno pochi incentivi a cambiare un sistema che continua a generare guadagni. Superare questa opposizione richiede uno sforzo collettivo della comunità accademica, con l’imposizione di politiche di valutazione che privilegino la qualità del contenuto scientifico, insieme a una pressione pubblica per rendere trasparenti i meccanismi di selezione e promozione.

 

È ora di rompere l’attuale logica che guida la pubblicazione dei risultati della ricerca, abbandonando metriche gonfiate e distorte e ripristinando il valore del documento scientifico.

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