La pubblica accusa non si oppone alla revoca, come chiesto dalla difesa, della misura di tre anni di libertà vigilata nei confronti di Patrizia Reggiani, condannata a 26 anni di carcere per l’omicidio del marito, Maurizio Gucci, ucciso nel 1995 in via Palestro a Milano. La donna ha finito nei mesi scorsi di scontare la pena detentiva e, qualora il giudice di Sorveglianza dovesse decidere di accogliere la richiesta dell’accusa, non avrebbe più alcun obbligo. La decisione è attesa a giorni, dopo che lo scorso 9 gennaio la corte d’Appello di Milano ha deciso di assegnarle un vitalizio annuale dall’eredità del marito da 1 milione e 100mila franchi svizzeri da pagarsi (arretrati compresi).
Patrizia Reggiani era presente in udienza davanti al giudice e si è detta “contenta” di come è andata. La donna, assistita dall’avvocato Danilo Buongiorno, dopo 17 anni in carcere aveva ottenuto l’affidamento ai servizi sociali: aveva lavorato per alcuni anni nello showroom di alta bigiotteria Bozart, nel centro di Milano.
“Sono molto sollevata – ha dichiarato Patrizia Reggiani dopo l’udienza davanti al giudice di Sorveglianza – non avendo capito
un tubo, non sapevo nemmeno ci fossero altri tre anni. Se ripeto di essere innocente? Temo di sì, ma sono stati fatti degli errori. Non bisognava far entrare l’Auriemma (la maga condannata con lei per l’omicidio, ndr) in un pollaio tranquillo. Mi sono fidata delle persone sbagliate”. Gli ultimi anni di libertà? “Sono stati bellissimi, ma io stavo bene anche prima, al Victor Residence”, risponde ricordando la definizione che diede del carcere di San Vittore.