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Parma riparte nel segno del food: al via la prima scuola internazionale di alta formazione sul cibo

Ott 6, 2016
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Nascerà a Parma la prima scuola internazionale di alta formazione sugli alimenti e la nutrizione. È il primo grande progetto, all’insegna dell’agroalimentare, della neonata associazione “Parma, io ci sto!” (promossa da Barilla, Chiesi, Dallara, Fondazione CariParma e Unione industriali per coagulare le energie di cittadini, enti e aziende e sviluppare assieme idee strategiche per il futuro della città) che in sinergia con l’Università della città ducale darà vita nel cuore della food valley a una struttura didattica unica al mondo, specializzata nell’offerta formativa post-laurea a forte grado di internazionalizzazione.

9 milioni di investimento per il campus

Il punto di partenza è il dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’ateneo parmigiano, ma è stato annunciato ieri un ulteriore intervento edilizio da quasi 9 milioni di euro per creare dentro la città Parma – da poco insignita dall’Unesco del titolo “città creativa della gastronomia” – un vero e proprio campus internazionale con nuove e più efficienti strutture di ricerca e didattica che saranno messe a disposizione di ricercatori, studenti, imprese alimentari e professori di tutto il mondo. Un investimento per cui il rettore dell’Università, Loris Borghi, ha già stanziato 4,75 milioni di euro. Altri 3 milioni sono stati raccolti dall’associazione “Parma, io ci sto!” che si è impegnata a coprire i restati 4 milioni di euro necessari per l’investimento e lo farà tramite la propria rete “sociale”: 2 milioni li ha messi Barilla, 750mila euro Chiesi, 250mila euro la Fondazione Cariparma.

«È significativo che il primo progetto strategico di “Parma, io ci sto!” sia con l’ateneo, che rappresenta il nostro futuro, perché dalla formazione parte tutto. Solo creando nuove competenze e conoscenze la città sarà in grado di attrarre nuovi talenti e posizionarsi come capitale del cibo», rimarca Guido Barilla.

«Investire in ricerca, credere nella formazione significa produrre innovazione – dice Alessandro Chiesi – e l’allargamento delle dimensioni aziendali, la diffusione delle alleanze strategiche, la maggiore internazionalizzazione delle aziende, la compenetrazione tra scienze e tecnologie sono tutte motivazioni che sostengono questo “food project”».

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