Nuovo processo, stessi giudici. E’ ripartito da zero il processo per l’omicidio di Bruno Caccia, il procuratore capo di Torino, ucciso la sera del 26 giugno 1983,
davanti a un nuovo collegio della Corte d’Assise di Milano. Il pm, Marcello Tatangelo, ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato dopo che, a causa di un errore di procedura, un primo processo nei confronti del presunto killer, Rocco Schirripa, detto Rocco Barca, esponente della ‘ndrangheta piemontese, si è chiuso con una sentenza di “non doversi procedere per assenza di condizioni di procedibilità” il 30 novembre. Ma la sorpresa all’apertura del processo è che la Corte, rispetto al precedente dibattimento, ha sostituito i giudici popolari ma non quelli togati. Il presidente del collegio è ancora una volta Ilio Pacini Mannucci, lo stesso che ha decretato il non luogo a procedere pochi mesi fa. Anche se la Corte non ha deciso nel merito, “abbiamo depositato una ricusazione dei giudici che a nostro avviso sono incompatibili” ha detto in aula l’avvocato, Mauro Anetrini.
Schirripa è accusato ancora una volta di essere l’esecutore materiale dell’omicidio. Lo incastrano le intercettazioni tra Domenico Belfiore, unico condannato (come mandante) per l’omicidio, e il cognato, Placido Barresi. Ma non solo. Perché nel frattempo la procura di Milano e la squadra mobile di Torino che ha fatto le indagini, hanno raccolto la collaborazione di un nuovo pentito, Domenico Agresta, che indica Schirripa come autore dell’omicidio insieme a una seconda persona che gli inquirenti hanno voluto tenere segreta.
I difensori, Mauro Anetrini e Basilio Foti, hanno accusato la procura di Milano di aver leso il diritto alla difesa dell’imputato non rivelando il nome del presunto complice e aspettano anche il pronunciamento della Cassazione fissato per il 22 marzo contro l’ordinanza con cui il gip di Milano, Stefania Pepe, ha convalidato il fermo e disposto per
Schirripa una nuova misura cautelare in carcere. Pepe nel provvedimento ha motivato dicendo che, in sostanza, malgrado il vizio procedurale, quasi tutte le prove a suo carico restano valide. I difensori di Schirripa hanno deciso di “saltare” il Tribunale del Riesame e ricorrere direttamente in Cassazione contro l’ordinanza sostenendo, invece, la “illegittima raccolta e utilizzazione delle prove”.