• 23 Novembre 2024 22:44

Corriere NET

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Non bisogna temere la bomba maltusiana, ma la forbice demografica

Mar 22, 2024

Mentre molte persone guardano all’indietro o si attardano nell’idea di restaurare un qualche status quo cui sono particolarmente legate, il mondo cambia inesorabilmente, per una serie di fattori diversi che hanno a che fare con l’ecologia della nostra stessa specie.

Del cambiamento climatico e dei suoi possibili effetti globali, via via più intensi nel futuro, molti stanno diventando consapevoli, al di là del fatto che tanti rifiutano ancora qualunque idea che il cambiamento sarà perlomeno per lungo tempo irreversibile (se non definitivo), per cui è necessario agire invece di negarlo e nascondersi dietro ogni sorta di alibi.

Ma vi è un altro, profondissimo cambiamento che ormai dovrebbe essere ben visibile a tutti, legato all’ecologia riproduttiva.

La fertilità del mondo complessiva è in calo continuo, ma, in aggiunta, la disparità nei tassi riproduttivi fra popolazioni diverse appare destinata ad accrescersi, creando un mondo demograficamente ancor più diseguale dell’attuale. Infatti, secondo uno studio appena pubblicato su The Lancet, nonostante entro il 2100 più del 97% dei paesi e territori avrà tassi di fertilità al di sotto di quanto necessario per mantenere nel tempo le dimensioni della locale popolazione, tassi di fertilità relativamente alti in numerosi paesi a basso reddito, prevalentemente nell’Africa subsahariana occidentale ed orientale, continueranno a determinare aumenti della popolazione in tali luoghi, prendendo il sopravvento a livello di popolazione mondiale complessiva.

In generale, per garantire la stabilità di una popolazione attraverso il rimpiazzo generale, il numero medio di figli nati da una donna nel corso della vita, considerando il tasso di fecondità e la durata della finestra fertile attuali, deve essere uguale a 2,1. Questo numero, chiamato tasso di fertilità totale, è stato stimato nel nuovo lavoro utilizzando metodi allo stato dell’arte tenendo considerando la mortalità, la fertilità, i principali fattori che influenzano la fertilità (ad esempio, livello di istruzione, necessità non soddisfatta di contraccezione moderna, mortalità infantile e residenza in aree urbane) e le nascite vive per 204 paesi e aree geografiche del mondo.

In questo modo, si è trovato che entro il 2050, 155 su 204 (76%) paesi e territori saranno al di sotto del livello di rimpiazzo della fertilità, per arrivare a 198 su 204 (97%) entro il 2100.

Nel contempo, tuttavia, in alcuni paesi, prevalentemente come si è detto in Africa subsahariana, il tasso totale di fertilità sarà ampiamente sufficiente a mantenere la crescita della popolazione locale. Nel 2021, il 29% dei bambini del mondo è nato nell’Africa subsahariana; entro il 2100, si prevede che questo numero salirà a oltre la metà (54%) di tutti i neonati.

Per quello che qui ho sommariamente ricapitolato, avremo quindi una combinazione di problemi demografici molteplici: da una parte, nella maggioranza dei paesi più ricchi, la piramide demografica continuerà la sua inversione, rendendo sempre più difficile sopportare il costo dei servizi necessari a mantenere gli individui proprio nella fase finale e più fragile della propria esistenza; dall’altra, in quei paesi dove le risorse sono così scarse da spingere le persone a emigrare con ogni mezzo possibile, proprio in quelli la popolazione si accrescerà ulteriormente, invece di diminuire, contribuendo ad un prevedibile aggravamento dello stato di indigenza e difficoltà della popolazione locale, con conseguenti flussi migratori sempre più sostenuti.

Da quanto abbiamo sin qui discusso, dunque, il vero, grande problema non sarà la temuta catastrofe maltusiana, quanto una se possibile ancora peggiore biforcazione maltusiana, con la crescita della popolazione sostenuta da poche popolazioni prive di risorse, in presenza di una stagnazione ed una rapida recessione demografica di quelle popolazioni più ricche; e siccome, naturalmente, la soluzione non può consistere in una semplice crescita globale indefinita (che porterebbe appunto alla prevedibile catastrofe maltusiana).

Naturalmente, gli autori dello studio descritto si chiedono cosa sia possibile fare per navigare tra Scilla e Cariddi, diminuendo il rischio di finire in una delle due trappole demografiche descritte o mitigandone gli effetti. Le soluzioni abbozzate nel lavoro non sono particolarmente nuove, ma la loro adozione appare forse ancora meglio giustificati dagli scenari calcolati.

Nei luoghi ove la diminuzione di fertilità è prevista essere più grave, come il nostro paese, essa dovrebbe essere ovviamente compensata da un’immigrazione etica ed efficace. Inoltre, l’estensione della bassa fertilità potrebbe anche essere mitigata in parte da politiche che offrono maggiore sostegno ai genitori. Allo stesso tempo, vi è urgenza di migliorare l’accesso alla contraccezione moderna e all’istruzione femminile in quei paese più poveri ove è prevista una continua crescita demografica (come detto soprattutto in Africa subsahariana) perché levitare che le già scarse risorse di quei paesi diventino sempre meno sufficienti.

Come si vede, lo scopo è innanzitutto la diminuzione della disparità demografica, allineando in ogni nazione i coefficienti di fertilità totale a dei valori lontani dalla “bomba maltusiana”, ma contemporaneamente non troppo bassi da non consentire la stabilizzazione demografica, almeno ad un livello compatibile con le risorse disponibili.

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