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Multa per divieto di sosta? Ci pensa “l’avvocato digitale”

Giu 29, 2016



Un chatbot per contestare le multe. Un software che ha causato ai municipi di Londra e New York perdite per milioni di dollari. Lo ha programmato il 19enne Joshua Browder, usando semplici strumenti di Intelligenza Artificiale per creare uno avvocato virtuale a disposizione degli automobilisti. Lo scorso dicembre aveva contestato (e vinto) contravvenzioni per 2,4 milioni di euro, ed era operativo solo nella capitale britannica.

Il bot scritto da Browder è un servizio totalmente gratuito, dove l’assistenza di un avvocato in carne e ossa sarebbe invece molto costosa. Questo aspetto è importante perché in molti rinunciano a contestare la multa, proprio perché intimoriti dalle spese legali. DoNotPay, questo il nome del bot, offre agli automobilisti un vero e proprio assistente legale ed è anche molto efficace: secondo le fonti, infatti, ha una percentuale di successo del 64%.

Quando un automobilista prende una multa non deve far altro che visitare DoNotPay, registrarsi e rispondere ad alcune domande. Il robot-avvocato a questo punto deciderà se è possibile fare ricorso e darà all’utente tutte le istruzioni necessarie per evitare di pagare la multa. Per il momento è specializzato in divieto di sosta.

“Quando ho creato DoNotPay, credevo che sarebbe servito per aiutare qualche parente e amico. Non avrei mai immaginato che avrebbe reclamato milioni in multe per divieto di sosta”, raccontava Browder alla fine del 2015. “Sono deluso dal fatto che i municipi stiano prendendo di mira i più deboli nella nostra società. Gli anziani e i disabili stanno ricevendo una quantità ingiusta e sproporzionata di multe”.

Un’applicazione semplice e tremendamente utile, che offre un vantaggio immediato e tangibile a tutti i suoi utenti. Ampliando lo sguardo, poi, DoNotPay ci aiuta a capire un po’ meglio perché Facebook e altri abbiano deciso di investire in questo tipo di AI. Un chatbot può apparire basilare, persino grossolano a volte, ma è anche uno strumento potente per almeno due ragioni.

Da una parte se ne può creare uno specifico e renderlo pubblico in tempi piuttosto brevi, e questo è sicuramente un aspetto desiderabile. Dall’altra un chatbot di successo avrà a disposizione un enorme quantità di dati proprio dai suoi utenti, e questi a loro volta possono costituire materiale prezioso per gli algoritmi di apprendimento automatico.

Browder ha già in mente altri chatbot, incluso uno che possa aiutare i rifugiati siriani nelle procedure per chiedere asilo. Almeno in questo caso, si sta appoggiando a IBM Watson per creare un bot che possa comprendere l’arabo e allo stesso tempo creare documenti legali in inglese. Un altro progetto del 19enne è un bot che aiuti le persone sieropositive a comprendere i propri diritti, relativi alla loro condizione medica.

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