• 8 Maggio 2024 1:08

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Morning Bell: cosa si aspettano i mercati

Mar 21, 2022

AGI – I mercati aprono la settimana in modo debole e cauto, preoccupati per i combattimenti e i bombardamenti che infuriano in Ucraina senza segni di arresto ma anche speranzosi di un accordo di pace. Riprendono oggi online i negoziati tra Russia e Ucraina. Un accordo sul cessate il fuoco sarebbe vicino, secondo la Turchia. In Asia Tokyo resta chiusa, mentre Hong Kong cede l’1% e Shanghai è piatta. In calo i future a Wall Street, che venerdì scorso ha messo a segno la migliore settimana da un anno a questa parte, rompendo una serie di cinque settimane consecutive negative. Giù dello 0,80% l’EuroStoxx 50.

Oggi è prevista una telefonata tra Biden, Draghi, Macron, Scholz e Johnson, in vista dell’evento clou di questa settimana che sarà il Consiglio europeo di giovedì 24 e venerdi’ 25 marzo, affiancato a Bruxelles dal contestuale vertice straordinario della Nato, con il presidente Usa Joe Biden che parteciperà a entrambi gli eventi. La sua presenza sta a testimoniare la volontà degli Usa di affiancare l’Europa e di difenderla, nonché quella di serrare i ranghi dell’Occidente contro la minaccia della Russia.

Più in generale il filo conduttore di questa settimana continuerà a essere la guerra e la ‘possibile’ pace, il ‘dopo Fed’, l’aumento delle materie prime che alimenta l’inflazione e lo ‘spettro’ della stagflazione, un mix micidiale di assenza di crescita e di forte rincaro dei prezzi, che è sempre più incombente.

“Stiamo per entrare in una fase di possibile, drastico calo della crescita economica – spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Partners – Un calo marcato, con un’inflazione altissima a cui non siamo abituati”. “Dal punto di vista finanziario – aggiunge – il mercato continuerà a vivere nella speranza di un accordo. Vedremo che succederà. In settimana questa speranza dovrebbe contenere le turbolenze. Ad aprile-maggio invece, mentre cominceremo a toccare con mano il rallentamento dell’economia, vedremo le banche centrali che continueranno a combattere l’inflazione. E questo potrebbe non piacere ai mercati, che reagirebbero male nel breve perché abituati negli ultimi anni all’assistenza delle banche centrali di fronte a un calo della crescita e invece per ora non sarà così, almeno non subito”.

Stamattina in Asia i future sul Brent e quelli sul Wti salgono di oltre il 3%, rispettivamente sopra 111 e 108 dollari al barile. I prezzi del petrolio sono estremamente volatili. Sono saliti al top da 14 anni, sopra 130 dollari dopo l’invasione dell’Ucraina e poi sono andati su e giù. Il trend resta comunque al rialzo per il timore che un boicottaggio del petrolio russo possa rimuovere fino a 2,5 milioni di barili al giorno di greggio e prodotti petroliferi dal mercato, molto difficili da sostituire.

Prosegue il trend rialzista delle materie prime alimentari, per la chiusura dei porti sul Mar Nero. A Chicago i future sul grano salgono dello 0,4%, dopo aver toccato un livello record dall’inizio di marzo. Crescono dell’1% i prezzi di mais e soia. Oggi riaprirà gradualmente la Borsa di Mosca e gli investitori restano ansiosamente in attesa di vedere se la Russia riuscirà a evitare il default e a far fronte ai rimborsi degli interessi sui bond in scadenza. La Banca centrale russa ha raccomandato alle banche nazionali di intensificare il monitoraggio delle transazioni che potrebbero voler eludere le “misure economiche speciali messe in atto per contrastare il deflusso di valuta estera”.

La raccomandazione include una supervisione più stretta sul trading di criptovalute, considerato come uno dei potenziali veicoli per prelevare capitale dalla Russia. Il dollaro avanza sullo yen fino a quota 119,3, sfidando il picco da un anno di 119,39 toccato venerdì scorso. La settimana scorsa la Boj ha mantenuta invariata la sua politica ultra-accomodante, mentre la Fed ha rialzato per la prima da tre anni di un quarto di punto i tassi Usa e ha annunciato altre sei strette equivalenti quest’anno per combattere l’inflazione.

Oggi la Pboc, la Banca centrale cinese, ha lasciato invariato il prime rate a un anno al 3,7% e quello a cinque anni, al 4,6%. Sempre oggi parleranno sia Christine Lagarde, sia Jerome Powell, anche se entrambi si sono pronunciati abbondantemente nei giorni scorsi e difficilmente avranno cose importanti da aggiungere.

I mercati scommettono sulla recessione in arrivo

I mercati prendono atto che la Fed farà velocemente sette rialzi dei tassi quest’anno per abbassare l’inflazione, ma poi potrebbe arrestarsi, perché queste strette “contribuiranno ad accelerare una brusca frenata della crescita economica”, spiega Cesarano. “È come se i mercati dicessero alla Fed: tanto più picchi sui tassi rialzandoli, tanto più velocemente andremo in recessione”.

Il risultato è che gli investitori vendono i titoli a breve, il cui tasso sale e comprano quelli a lunga scadenza, il cui tasso scende. Agli investitori interessa guadagnare e facendo cosi’ comprano a lunga scadenza e vendono a breve. “È dal giorno del rialzo della Fed che lo fanno, guardano al dopo e in questo caso s’immaginano il peggio”, dice Cesarano.

È come se si coprissero in vista del freddo in arrivo. Si tutelano. Scommettono sulla recessione. E anche la Fed tutto sommato mette in conto la recessione in arrivo. Lo dimostra il fatto che la Fed ha abbassato il tasso di equilibrio a lungo termine, portandolo dal 2,5% al 2,4%. “Questo significa – commenta Cesarano – che la Fed annuncia un’aggressiva serie di rialzi dei tassi ma già sa che a lungo termine sarà costretta a ridurli, perché l’economia non li reggerà”.

Crescono i rischi per l’economia globale

Questo doveva essere l’anno in cui l’economia mondiale si doveva riprendere dallo shock del Covid-19. Entro la fine del 2022, ci si aspettava che le economie di Stati Uniti, Europa e Cina sarebbero tornate sui livelli prepandemici. Altre economie emergenti erano un po’ in ritardo, ma ci si aspettava che sarebbero tornate lentamente alla normalità.

L’inflazione si sapeva che sarebbe stata un problema, ma il Fmi a ottobre, aveva detto che la rapida crescita dei prezzi “sarebbe diminuita gradualmente” nel 2022. Probabilmente però le cose andranno peggio di così. L’invasione dell’Ucraina ha cambiato le carte in tavola, mettendo a rischio le forniture energetiche e di beni alimentari, facendo impennare i costi delle materie prime e comprimendo i redditi elle famiglie.

La stagflazione ormai più che un rischio sta diventando una realtà. La situazione è così incerta che Mathias Cormann, numero uno dell’Ocse, ha detto che l’organizzazione non è “in grado di presentare” il suo solito Economic Outlook. Nathan Sheets, capo economista di Citi ed ex funzionario del Tesoro Usa, ha buttato giù per il Financial Times una stima molto approssimativa dei potenziali danni.

Prima della guerra, ha detto, ci si aspettava una crescita globale del 5% nel 2022, ma Sheets calcola che “se le tensioni ucraine si prolungheranno o si intensificheranno ulteriormente, i ribassi quest’anno potrebbero dover essere di diversi punti percentuali”.

L’economia europea è la più vulnerabile, in quanto è la più vicina all’Ucraina e la più dipendente dal gas russo. L’Ocse ha stimato un contraccolpo dell’1,4% quest’anno, ma probabilmente ha sottovalutato l’impatto della crisi. Inoltre Herbert Diess, l’amministratore delegato di Volkswagen, spiega al Ft che una guerra prolungata in Ucraina rischia di essere “molto peggio” per l’economia europea rispetto alla pandemia a causa delle interruzioni nella catena di approvvigionamento, della scarsità di energia e dell’inflazione.

Le catene di approvvigionamento globali sono già state pesantemente messe alla prova dalla pandemia e dai lockdown, ma la guerra in Ucraina presenta nuovi rischi per la fornitura di materiali chiave. Ad esempio, l’Ucraina fornisce il 70% di gas al neon, necessario per il processo di litografia laser utilizzato per produrre semiconduttori, mentre la Russia è il principale esportatore di palladio, necessario per produrre convertitori catalitici e di nickel, un materiale importante per le batterie di auto elettriche.

Lo scenario peggiore emergerebbe se le forniture energetiche russe all’Europa venissero interrotte. Jan Hatzius, capo economista di Goldman Sachs, stima che un divieto Ue sulle importazioni di energia dalla Russia causerebbe un contraccolpo del 2,2% al Pil e innescherebbe una recessione nell’Eurozona. Negli Usa la frenata dell’economia si sentirà almeno un paio di mesi dopo l’Europa.

Il 24 e 25 marzo Biden al Consiglio Ue e al vertice Nato

Joe Biden sarà a Bruxelles la prossima settimana per intervenire a un vertice straordinario della Nato convocato dal segretario generale Jens Stoltenberg e per partecipare a una riunione del Consiglio europeo. Si tratta del terzo viaggio internazionale dal suo insediamento come presidente degli Stati Uniti. “Affronteremo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il nostro forte sostegno all’Ucraina e l’ulteriore rafforzamento della deterrenza e della difesa della Nato. In questo momento critico, il Nord America e l’Europa devono continuare a stare insieme”, ha twittato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Washington è decisa a serrare i ranghi davanti all’invasione russa dell’Ucraina e alla neutralità ambigua della Cina. E Biden sarà alla Nato per “discutere gli sforzi di deterrenza e di difesa in corso in risposta all’attacco ingiustificato e non provocato della Russia contro l’Ucraina, nonché per ribadire il nostro impegno di ferro con i nostri alleati”, ha spiegato Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca.

Poi parteciperà al Consiglio europeo per le “preoccupazioni condivise sull’Ucraina, compresi gli sforzi transatlantici per imporre costi economici alla Russia, fornire sostegno umanitario alle persone colpite dalla violenza e affrontare altre sfide relative al conflitto”. Il Consiglio europeo discuterà anche soprattutto di cosa potrà fare l’Unione europea per frenare il caro energia. Per esempio si parlerà di stoccaggio congiunto di gas in vista del prossimo inverno e di finanziamenti comuni per far fronte agli aumenti dei prezzi dell’energia e per aiutare i consumatori europei alle prese col caro bollette.

Insieme con Biden c’è anche il segretario di Stato, Antony Blinken, il quale pare che dopo Bruxelles farà un salto in Arabia Saudita, dove gli toccherà affrontare un infuriato Moammad bin Salmn l Sad, il figlio di re Salman, nonché vice premier e ministro della Difesa. Il compito di Blinken non sarà facile. Ai sauditi dovrà chiedere conto delle voci secondo cui Riad sarebbe disponibile a far pagare il suo petrolio alla Cina in yuan, e soprattutto dovrà chiedere ai sauditi di pompare più greggio per raffreddare i prezzi.

“La verità è che sta cambiando l’asse geopolitico – dice Cesarano – Lo dimostra la guerra in Ucraina, ma anche il fatto che l’Arabia Saudita, storico alleato degli Stati Uniti sin dagli anni ’70 ossia post fine degli accordi valutari di Bretton Woods, si sta spostando verso la Cina. Da mesi Biden sta chiedendo ai sauditi di produrre più petrolio per far scendere il prezzo del greggio. Ma loro non ne vogliono sapere. E infatti Biden ha dovuto vendere gran parte delle riserve strategiche, al punto che a oggi le riserve petrolifere Usa sono ai minimi dal 2002”.

Si cerca accordo su cessate il fuoco ma veri rischio sono stagflazione e razionamenti

Nei prossimi giorni si cercherà di chiudere il negoziato sul cessate il fuoco e per i corridoi umanitari. Gli stessi negoziatori parlano della possibilità di arrivare a un’intesa, come quella prefigurata dal capo delegazione ucraino, Podolyak, secondo il quale un accordo si potrebbe delineare “nell’arco di 10 giorni”. “Si tratta di capire – dice Cesarano – se c’è uno spiraglio concreto per mettere fine almeno alla parte bellica. Tuttavia restano ancora aperte molte questioni: le sanzioni, la matassa della carenza di materie prime: il petrolio, il gas, il grano, il mais, i fertilizzanti, i mangimi. Tutto questo continuerà a pesare sull’economia e sta facendo salire i prezzi alle stelle. Penso che i prezzi continueranno a crescere, l’inflazione salirà e questo significa minore potere d’acquisto, minori consumi e dunque stagflazione. Lo ha detto anche Draghi: se la situazione peggiorerà dovremo prendere in considerazione dei razionamenti”.

Nel suo ultimo rapporto l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia, ha definito i 10 punti da lei consigliati per ridurre la domanda di petrolio e tra questi ci sono le “domeniche a piedi”, come nel 1973, in occasione dall’embargo decretato dall’Opec in seguito alla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur.

“Il timore – dice Cesarano – è che rischiamo di spegnere la crescita, manca la componentistica, i prezzi sono troppo alti, la domanda si abbassa“. Il rallentamento economico è ormai alle porte. “Cominceremo a intravederlo – aggiunge – dal prossimo semestre. Nel secondo trimestre e soprattutto nel secondo semestre di quest’anno inizieremo a sentire pesantemente gli effetti della crescita in calo. Prima in Europa e poi negli Stati Uniti. A quel punto vedremo cosa faranno le banche centrali. Adesso i banchieri centrali sono piromani e gridano: inflazione, inflazione. Poi, tra pochi mesi, saranno costretti a fare i pompieri”.

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