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Milano, 31 super ricettatori dell’oro finiscono alla sbarra: i ladri di mezza Italia riciclavano i gioielli da loro

Dic 9, 2016

Uno dei capi girava in Ferrari. La banda poteva contare su appartamenti da usare come covo, terreni, auto di lusso, cassette di sicurezza intestate a prestanome. E conti aperti nei più importanti mercati di orologi di lusso in Europa. Ora i membri della più grande ‘società’ di ricettazione di merce rubata del Nord Italia andranno a processo. Dei 31 uomini e donne fermati o denunciati la scorsa estate, otto (tutti già detenuti) dovranno presentarsi lunedì di fronte al collegio dell’undicesima sezione penale del tribunale, presieduto da Elena Maria Bernante, dove saranno giudicati con rito immediato. Altri nove, anche loro in carcere o ai domiciliari, hanno invece scelto l’abbreviato – che garantisce la riduzione di un terzo della pena – o si avviano al patteggiamento. A condurre l’indagine che ha portato a individuare i membri del gruppo è il pubblico ministero Luigi Luzi.

La banda, che faceva base fra Cusago e Muggiano, era una sorta di centrale del riciclaggio a cui si rivolgevano ladri di Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana e Svizzera per vendere gioielli e orologi. Un’organizzazione in grado di fare ogni mese profitti milionari, che fra Milano e hinterland agiva in quasi monopolio. Gli uomini e le donne che si preparano al processo sono italiani, sinti e rom di origini slave. Sono accusati di “essersi associati fra loro, nonché con altri nomadi di etnia sinti non identificati, al fine di commettere plurime ed indeterminate ricettazioni di oggetti e pietre preziose, monete d’oro, orologi di noti marchi, suppellettili in argento e altri beni di valore”.

Fra la merce sequestrata ai componenti della banda, i cui capi secondo la procura erano Antonio Stepich e Carlo Lafleur, ci sono chili di sterline d’oro rubate in abitazioni a Torino, orologi Cartier e Rolex per oltre 150mila euro sottratti in provincia di Brescia e fibbie in oro bianco e diamanti frutto di un furto fatto nella boutique di Hermes in via Sant’Andrea nel 2008. E ancora: bracciali in platino sottratti in provincia di Pisa, gioielli fatti sparire da un negozio in via Nassa a Lugano e addirittura “crocifissi pettorali in oro giallo e pietre preziose” rubati al Seminario vescovile di Cremona. L’elenco degli oggetti di valore ricettati dalla banda e recuperati dai carabinieri occupa numerose pagine.

Per quanto riguarda gli orologi, della cui ricettazione la banda era specializzata, la maggior parte veniva venduta a Monaco di Baviera, dove ha sede uno dei principali mercati specializzati del mondo. Gli investigatori hanno ricostruito la tecnica con cui Stepich, Lafleur e soci facevano uscire Rolex e Cartier dall’Italia. Un’auto guidata da un complice, pagato per il trasporto, viaggiava con tutta la merce a bordo. I capi dell’organizzazione lo seguivano a distanza, per assicurarsi di non essere arrestati in caso di controlli alla frontiera. Le auto venivano usate anche come deposito per i gioielli. La procura ha sequestrato due Fiat 500 e una Audi A1 considerate “a disposizione dell’organizzazione”. In una delle tre vetture gli investigatori hanno trovato un grande quantitativo di gioielli, nascosti nel vano motore.

L’esistenza di

una centrale unica della ricettazione a Milano era per lungo tempo sembrata una “leggenda criminale”. L’inchiesta del pm Luzi ha dimostrato che era tutto vero, e su una scala inimmaginabile. Se per i detenuti il processo comincia adesso, gli indagati a piede libero andranno invece a giudizio nei prossimi mesi. L’indagine ha consentito di individuare anche una serie di ladri professionisti. Si tratta di italiani, albanesi, romeni e marocchini, “fornitori” della banda.

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