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Manovra, l’ecotassa cambia: colpiti i suv e le auto più potenti

Dic 17, 2018

MILANO – Ancora bisogna mettere l’ultima parola sulla legge di Bilancio per il 2019, sulla quale pende la necessità di chiudere un accordo con l’Europa sulla base della discesa del deficit/Pil dal 2,4 verso il 2 per cento. L’attesa principale è capire come ne usciranno le misure-bandiera su pensioni (quota 100) e reddito di cittadinanza. Potrebbe servire più tempo del previsto: l’Italia non risulta al momento tema della riunione della Commissione Ue prevista per mercoledì 19, anche se il presidente Juncker potrebbe in qualsiasi momento integrare l’ordine del giorno. Intanto, però, alcuni interventi ancillari sono in via di definizione.

E’ il caso ad esempio dell’ecotassa sulle vetture inquinanti e del corrispettivo bonus per quelle elettriche. Una misura, soprattutto nella sua prima gamba impositiva, fortemente osteggiata dalla Lega. Alla fine, la sintesi si dovrebbe trovare intorno alla posizione che il vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, ha reso nota sui social network: “Abbiamo confermato l’ecosconto fino a 6.000 euro per le macchine elettriche e non inquinanti – ha scritto il leader M5S – senza tassare nessuna delle auto in circolazione né l’acquisto di nuove utilitarie. Solo chi deciderà di acquistare un suv diesel o a benzina o una “super car” extralusso pagherà qualcosa in più”. Chiaramente bisogna vedere come si riuscirà a tenere insieme questa posizione col fatto che la prima versione dell’ecotassa prevedeva 300 milioni di gettito, per finanziare il bonus: un tesoretto che rischia di esser fortemente ridimensionato. Secondo l’emendamento approvato a Montecitorio, il bonus è suddiviso in tre fasce: 1.500 euro per le auto che emettono tra 70 e 90 grammi di CO2 al km, 3.000 euro tra 20 e 70 g/km e 6.000 euro tra 0 e 20 g/km. Possibile che anche questa platea debba esser compressa.

Rep

Dal vertice notturno di domenica è uscito confermato il taglio per le cosiddette pensioni d’oro, che partirà dal 10 per cento ma potrebbe riguardare gli assegni sopra 100mila euro, invece dei 90mila inizialmente indicati, per arrivare al 40% per la parte di pensione che supera il mezzo milione di euro. “Prendiamo 1 miliardo dai pensionati d’oro e lo mettiamo sulle pensioni di cittadinanza. Colpiamo la casta e aiutiamo i pensionati minimi. Uno Stato che permette privilegi assurdi e abbandona chi ha bisogno non è credibile. Difficile? No, semplicissimo. La politica è questo. Basta volerlo”. Così un post del M5S su Fb.

Anche in questo caso, la posizione della Lega era critica ed improntata alla difesa dei cittadini – che si stima siano in larga parte al Nord – che hanno effettivamente versato i contributi per maturare gli assegni più elevati. Sempre al capitolo pensioni afferisce un nuovo stop, parziale, all’adeguamento degli assegni all’inflazione. Stando alle ultime idee, si ragiona sul bloccare l’indicizzazione per le cifre che superano tre volte il minimo (1.530 euro al mese, lordi), con quote dal 40 a zero per cento. Si punterebbe così a raccogliere 200 milioni.

Bonus cultura e sgravi Inail

Se gli ultimi lavori della commissione Bilancio del Senato, prima dello stop per l’impasse sull’accordo, avevano stoppato i tre anni di contributi figurativi per le mamme lavoratrici con almeno 50 anni di età e 20 di contributi “a partire dal terzo figlio” ed è saltata anche la proposta di estendere da 5 a 10 giorni il congedo di per malattia del figlio, novità dovrebbero esser confermate per il cosiddetto bonus cultura dei 18enni. I 500 euro loro dedicati, infatti, potrebbero esser limitati ai libri e quindi tagliar fuori i biglietti per cinema e concerti.

Matteo Salvini ha potuto salutare un primo intervento sul peso del Fisco sulle imprese, anche in questo caso da dettagliare in accordo con i nuovi paletti Ue alle spese. Per i contributi Inail, in ogni caso, dovrebbe entrare uno sgravio ai datori di lavoro da circa 400 milioni di euro complessivi per il 2019, per poi salire a 600 a regime.

Bolkestein, balneari esentati per 15 anni

La Lega spunta anche un altro provvedimento – annunciato dai capigruppo capigruppo al Senato ed alla Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari – che prevede quindici anni di esclusione dei balneari dalla direttiva Bolkestein, che sostanzialmente prevede la messa a bando delle concessioni pubbliche. Un accordo salutato con entusiasmo dal ministro dell’agricoltura, Gian Marco Centinaio, che ne aveva fatta una sua bandiera. Anche dalla Cna balneatori hanno accolto la notizia con “forte soddisfazione”, una “risposta positiva a 30mila imprese che per troppo tempo si sono trovate in situazione di incertezza e malessere”.

Ma la vicenda ha fatto saltare le opposizioni. “Non siamo ancora fuori dal rischio procedura di infrazione sulla manovra, che già il governo ce ne regala una sicura sulle concessioni balneari”, ha attaccato Andrea Mazziotti di +Europa: “Stiamo parlando della più vecchia delle scelte anticoncorrenziali, clientelari e illegittime che scaricherà nuove multe su milioni di contribuenti per fare un favore a pochi”. Toni duri anche da Angelo Bonelli dell’esecutivo dei Verdi, secondo il quale così facendo “si prorogano le concessioni demaniali senza adeguane i canoni che vengono pagati allo Stato, che sono ridicoli: attualmente si pagano solo 1,27 euro metro quadro/anno per la parte non ricoperta da strutture. Ricordo, ad esempio, che il Twiga della Santanche’ paga 16 mila euro all’anno a fronte di una pagoda che viene affittata a ben 1000 euro al giorno”. Bonelli chiosa: “In tutto lo Stato incassa dalle concessione demaniali solo 103 milioni di euro a fronte di un’evasione, secondo l’agenzia del demanio del 50%. Questa proroga inoltre avviene mentre le spiagge italiane sono state cementificate e in molti casi sono stati commessi abusi edilizi come ad Ostia. È proprio su Ostia assisteremmo ad un vero e proprio colpo di spugna”.

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