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L’universo Pixel è destinato a cambiare il modo in cui usiamo lo smartphone

Nov 12, 2023

AGI – Di ecosistema nel mondo della tecnologia si sente parlare ormai da anni. Alcune aziende ne hanno fatto la propria cifra stilistica e mettono in connessione lo smartphone con qualunque cosa contenga un chip (dallo spazzolino da denti alla friggitrice ad aria), altri si limitano all’indossabile indispensabile (auricolari e smartwatch) e agli assistenti vocali.

Ma è evidente che la strada è segnata e la dimostrazione è che anche Google, che da pochi anni ha dimostrato di voler puntare seriamente nella produzione dei device mobili, nell’ultimo round di presentazione dei nuovi prodotti ha messo insieme il pacchetto completo: smartphone (il Pixel 8), smartwatch (la seconda edizione del Pixel Watch, per la prima volta disponibile anche in Italia) e la versione aggiornata degli auricolari Buds Pro.

Un ‘bundle’, come si dice in gergo, non economicissimo: il totale viene intorno ai 1.800 euro, ma significa portarsi a casa un ‘gruppo di lavoro’ più che dei semplici accessori per lo smartphone, per giunta destinato a durare perché per il Pixel 8 Google garantisce sette anni di aggiornamenti software e non solo di patch (letteralmente le ‘toppe’) di sicurezza.

Questo significa che se Google chiede ai suoi clienti di investire più di mille euro per uno smartphone che non è un iPhone né un pieghevole, lo fa con la promessa che continuerà a funzionare anche fra sette anni, che in questo settore sono un’eternità.

Un’offerta allettante per due ragioni: il crollo del mercato degli smartphone ha dimostrato che non tutti sono più disposti a spendere quasi mille euro per un telefono che dopo due anni (tre quando va bene) non funziona più come dovrebbe e l‘attenzione di Google si sposterà sul software piuttosto che sugli hardware, dato che in termini di prestazioni gli smartphone sono già in grado di fare molto, molto di più di quello che gli chiediamo.

Anche il comparto fotografico, ad esempio, per quanto sarà certamente migliorato fra cinque anni – figurarsi sette – sarà rivoluzionato più lato software che hardware. Per intenderci: tra qualche anno potrebbe non essere più necessario avere zoom ottici – ossia meccanici – nello smartphone per cogliere i dettagli del soggetto a grandi distanza, perché quel lavoro lo farà il software. In particolare un algoritmo. Per dirla tutta: l’intelligenza artificiale, in cui Google sta già investendo a mani basse.

Ma andiamo per ordine. 

Pixel 8

Dato che la prima cosa che si vede in uno smartphone – dopo l’estetica – è la fotografia, va detto subito che grazie all’Intelligenza artificiale, questo telefono fa cose che gli altri non fanno, ad esempio nell’editing grazie a Magic Editor.

Si possono rimuovere, ma anche spostare, elementi indesiderati nelle foto. Lo fa anche iPhone, è vero, ma nell’universo Android Pixel è il primo. Se si scattano foto molto simili in un breve intervallo di tempo, Google Foto consente di modificare le espressioni delle persone nella scena permettendo di scegliere un volto da un’immagine diversa nella serie. Per dirla semplice: avete presente quelle dieci foto di gruppo che alla fine non piacciono a nessuno perché in ognuna c’è qualcuno che è venuto male? Bene: basterà scegliere le espressioni migliori delle singole foto e l’editor comporrà l’immagine perfetta. Finto, certo, ma utile.

Stessa cosa con la funzione Scatto Migliore: si ottengono espressioni di volti più convincenti sulla base di un discreto numero di primi piani fatti allo stesso soggetto. Utilissima per i video è la Gomma Magica Audio che riduce i rumori di disturbo come il vento e i rumori del traffico.

E poi c’è Google Translate, che meriterebbe un discorso a parte perché permette traduzioni in tempo reale in 49 lingue. A vostro rischio e pericolo, però: da non usare se state negoziando un trattato di pace con una potenza nucleare. 

Pixel Watch 2

È bello, è solido ed è funzionale. E non costa un patrimonio (meno di 400 euro). Ha i vantaggi di WearOS e la ricarica rapida; funzioni e sensori che lo integrano perfettamente con Fitbit, ma non esiste la versione LTE, quella cioè che permette di lasciare il telefono a casa e portarsi dietro lo smartwatch anche per chiamate e messaggi. 

L’autonomia è migliorata ma è migliorabile e non arriva ai record – ad esempio – degli smartwatch di Huawei. Si parla di circa un giorno e mezzo con un utilizzo normale, senza troppi allenamenti e utilizzo intenso del gps, contro i dieci giorni del GT-4 di Huawei. La ricarica rapida comunque impiega poco meno di un’ora per passare da 0% a 96%.

Pixel Buds Pro

L’ integrazione con smartphone e smartwatch Pixel è ovviamente perfetta. L’autonomia è eccellente e la qualità dei microfoni li rende ideali per chi li utilizza spesso per lavoro più che per ascoltare musica. La cancellazione attiva del rumore (ANC) sfrutta la tecnologia Silent Seal per regolarsi in base alla forma dell’orecchio e la modalità Trasparenza per ascoltare i suoni ambientali esterni e poter parlare con chi si avvicina.

I Pixel Buds Pro usano l’IA per capire quando l’utente inizia a parlare e, se è attiva la funzione di rilevamento delle conversazioni, mettono in pausa la musica per passare alla modalità Trasparenza. Supportano anche la funzionalità di chiamata nitida che riduce il rumore attorno alla persona con la quale si sta parlando al telefono, potenziando al contempo il volume della sua voce.

 

 

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