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Lo scudo penale per i ‘vaccinatori’ ha una falla

Apr 14, 2021

AGI – “Il decreto introduce uno scudo penale per i vaccinatori che dimostrino di avere compiuto il proprio dovere professionale con rigore e rispetto delle regole ma ‘gli “esercenti le professioni sanitarie’ e gli ‘operatori di interesse sanitario’ saranno iscritti, come si usa di frequente dire, a titolo ‘prudenziale’, ‘cautelativo’ o ‘di garanzia’, nel registro degli indagati”.

È quanto sottolinea un approfondimento della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro analizzando il decreto 44 del 2021 precisando che “la causa di non punibilità stabilita dall’articolo 3 non appare sufficiente di per sé a proteggere dalla gogna del procedimento penale“.

L’approfondimento sottolinea che la legge entrata in vigore il 1 aprile “non tutela gli ‘esercenti le professioni sanitarie’ e gli ‘operatori di interesse sanitario’ dall’inevitabile avvio delle indagini preliminari nei loro confronti”, infatti l’autorità giudiziaria dovrà comunque accertare se la somministrazione del vaccino “è avvenuta nel pieno rispetto della normativa dettata in materia e se nella condotta di chi ha praticato l’intervento non vi siano altri aspetti di responsabilità colposa”.

“Nel caso in cui a causa della somministrazione del vaccino si dovesse verificare un evento, astrattamente riconducibile alla fattispecie delle lesioni personali colpose ovvero a quella dell’omicidio colposo – si legge nello studio dei Consulenti del Lavoro – gli esercenti le professioni sanitarie prima di essere dichiarati non punibili ai sensi dell’articolo 3, saranno ugualmente sottoposti a un procedimento penale, e magari vi potranno rimanere per qualche mese, se non per qualche anno”.

Per lo studio rimarrebbero esclusi dalla ‘scudo’ i datori di lavoro: “non si comprende – si spiega – per quale ragione, nel caso in cui nell’ambiente di lavoro fossero accertati casi di infezione, non potrebbe estendersi tale causa di non punibilità anche all’imprenditore ‘virtuoso’, quello, cioè, che si è scrupolosamente attenuto alle norme impartite per evitare la diffusione del contagio”.

L’appello dei Consulenti del Lavoro è quello di “prevedere per l’imprenditore una norma analoga a quella di cui all’articolo 3, che permetterebbe almeno di ‘compensare’ con una causa di non punibilità il rischio che questi corre nel mantenere aperta l’unità produttiva e i costi che sostiene per la costante bonificazione dell’ambiente di lavoro”.

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