In Europa, da anni, non si fa altro che imporre leggi lontane dagli obiettivi interni dei Paesi membri. In Italia la demonizzazione ai motori termici per promuovere le nuove tecnologie green non ha spaventato la vecchia guardia. I veri appassionati di auto non sono disposti a rinunciare al rombo di un motore a combustione interna per salire, a caro prezzo, su un veicolo full electric. I numeri certificano una crisi sempre più lampante della filiera alla spina e di questo passo gli obiettivi stabiliti a Bruxelles diventano sempre più lontani.
L’Italia ha deciso di prendere iniziativa per rinviare l’applicazione dei nuovi requisiti previsti dall’U.E. nel 2025 e di annullare il relativo regime sanzionatorio sull’inquinamento. Il numero dei Paesi europei contrari all’attuale regolamento sui limiti alle emissioni di anidride carbonica sta continuando a crescere. L’Italia è sostenuta anche da Austria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Polonia, Romania e Slovacchia. La coalizione, in base a un documento raccolto dalle agenzie di stampa e pubblicato anche sul sito del parlamento austriaco, ha presentato le proprie richieste al Consiglio Competitività lo scorso 28 novembre.
La presa di posizione dell’Italia
Il Governo ha compreso che i target europei sono utopistici. Senza super incentivi l’industria dell’Automotive 2.0 non decollerà mai e le reti infrastrutturali di ricarica delle EV sono ancora a un livello embrionale. Con un parco circolante sempre più vetusto i vertici hanno deciso di intervenire per modificare le attuali normative: nel 2025 entrerà in vigore il nuovo limite di settore dei 94 g/km di CO2, con le relative multe di 95 euro per ogni grammo in eccesso moltiplicato per il numero di veicoli immatricolati.
Un’imposizione che rischia di affossare ancor di più i Paesi membri dell’U.E. che non potranno rispettare tali limiti. Il Presidente dell’Acea, Luca de Meo, ha già annunciato che i produttori europei di automobili non riusciranno a rispettare le norme con il rischio di dover pagare multe per almeno 15 miliardi di euro. Gli Stati sopracitati che si sono coalizzati hanno chiesto un passo indietro, perché con “gli attuali obiettivi per le autovetture, che dovrebbero essere applicati nel 2025, c’è il rischio di imporre multe ai produttori che non sono in grado di soddisfare questi severi requisiti a causa del rallentamento della diffusione dei veicoli elettrici“.
Auto elettriche, sanzioni all’orizzonte
L’Europa potrebbe avere l’interesse a non venire incontro ai Paesi che non rispetteranno le norme. Non vi sarebbe la possibilità di reinvestire nell’innovazione e nello sviluppo, “danneggiando così la competitività dell’Europa sulla scena globale. L’associazione europea dei costruttori ha evidenziato queste preoccupazioni e noi sosteniamo la necessità di misure urgenti e di mezzi finanziari adeguati a livello Ue, compreso un eventuale pacchetto a breve termine, per facilitare una transizione giusta che non comprometta ulteriormente la nostra competitività“.
Il comunicato parla chiaro: l’intero car market sta soffrendo di una crisi economica piuttosto pesante. Dovrebbe nascere spontanea l’esigenza di migliorare la politica industriale con obiettivi più ampi di decarbonizzazione. I sette Paesi coalizzati hanno chiesto una revisione, con un anno di anticipo rispetto al 2026, e chiarimenti sulle energie rinnovabili, sulle infrastrutture per i combustibili alternativi e sul sistema di scambio delle quote di emissione.