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Libri, fumetti e pennarelli: “Così quei bimbi superano l’orrore”

Ago 27, 2016

ACCUMOLI. Non nascondere niente, farli parlare, disegnare, giocare. Tutto nel tentativo di riportarli a una quotidianità che ormai appare lontanissima. I campi dove sono ospitati i duemila sfollati del terremoto sono pieni di bambini. Anche per loro è stato messo in piedi un servizio di supporto psicologico. Simona Torre dirige quello della Croce Rossa del Lazio e guida ogni giorno il lavoro di 10-15 persone che si dedicano anche ai più piccoli. Tra le tende dove adesso abita chi fino a tre giorni fa stava a Grisciano, una frazione di Accumoli, ce n’è una piena di libri, fumetti, fogli bianchi, pennarelli. È completamente dedicata ai bambini. Due ragazzi, Chiara e Ermin, sono sempre pronti a scherzare con loro, a chiacchierare, a divertirsi. Per chi vuole c’è una scatola di colori. Quando un disegno è finito viene attaccato in alto con lo scotch.

Dottoressa Torre, come aiutate questi bambini?

«Potrà sembrare strano ma anche se così piccoli hanno grandi risorse emotive. Fin dalle prime ore dopo il sisma li abbiamo incontrati e accolti nei luoghi della tragedia, nei loro paesi distrutti o negli obitori. Abbiamo dato loro notizie, raccontando quello che è successo con un linguaggio adatto all’età di ciascuno».

E nei campi degli sfollati cosa fate?

«Qui bisogna ripristinare prima possibile la loro quotidianità. Nel senso che devono giocare, fare le attività alle quali sono abi-dei tuati, ovviamente nei limiti della situazione. Noi li seguiamo nelle nostre piccole ludoteche e facendoli incontrare con i nostri operatori-clown. Li coinvolgiamo, li facciamo interagire tra loro, esprimere i propri sentimenti ».

Che valore hanno i disegni?

«Sono importanti perché sono uno dei mezzi che usano per comunicare. Dobbiamo favorire il loro racconto di quello che hanno vissuto, senza temere di fargli rivivere quei momenti drammatici. I bambini hanno una capacità di resilienza, cioè di affrontare e superare un trauma, che molti adulti nemmeno si immaginano. E infatti tanti dei disegni raccolti nel campo di Grisciano ritraggono i soccorritori e i loro mezzi. Il perché è chiaro: per loro rappresentano la salvezza. Ma ci sono anche immagini più drammatiche, che ricordano la difficoltà di quei momenti. Ed è comunque un primo passo per superarli».

E come vivono il lutto per la morte di un genitore, un fratello o un parente stretto?

«Comprendono cosa è successo, ovviamente a seconda all’età. I più piccoli infatti non hanno ancora idea dell’irreversibilità della morte. Spesso i genitori ci chiedono se sia il caso di portarli ai funerali dei loro cari. Noi consigliamo sempre di farlo, perché partecipare al rito con il resto della famiglia serve a capire e quindi ad elaborare il lutto».

Dopo disastri come questo gli adulti rischiano il disturbo di stress post traumatico. Anche i bambini?

«Certo, ma non si può diagnosticare subito. È assolutamente normale che nei primi giorni i bambini non dormano la notte, non mangino, siano sempre in tensione. Quella patologia si diagnostica solo quando i sintomi durano per quattro settimane consecutive. Se succede bisogna coinvolgere uno specialista, psicologo o psichiatra».

Gli adulti, parenti e conoscenti, sono d’aiuto per far superare ai bambini il trauma?

«Avviene più spesso il contrario. I più piccoli vivono fino in fondo le emozioni, magari non sanno dare loro un nome ma le provano. Soffrono, piangono, non nascondono i loro sentimenti. In questo supportano gli adulti, che invece hanno bisogno di più tempo per lasciarsi andare e magari si tengono tutto dentro proprio pensando di proteggere i bambini. Che invece hanno bisogno di capire cosa sta succedendo ».

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