LA MECCANICA celeste non perdona. La sonda Rosetta dell’Esa, che da due anni segue la cometa 67P Churyumov- Gerasimenko, è trascinata dalla cometa stessa sempre più lontano dal Sole. Questo riduce la quantità di energia che fa funzionare gli strumenti di bordo grazie ai suoi 64 metri quadrati di pannelli solari. Tra non molto, la potenza disponibile non basterebbe neanche per tenere caldi gli strumenti. Per finire in modo glorioso una missione che tanto ha appassionato il pubblico, l’Agenzia Spaziale Europea ha giustamente pensato ad un epilogo spettacolare.
Rosetta finirà in bellezza, posandosi sulla sua cometa e raccogliendo immagini sempre più ravvicinate della superficie di questo fossile del sistema solare. Per chi studia i corpi planetari sarà un po’ come, per un paleontologo, planare con una telecamera GoPro sulla groppa di un dinosauro ancora vivente. Il sogno proibito di Michael Crichton: un Jurassic Park celeste.
La traiettoria scelta per Rosetta passerà sopra ad alcuni strani pozzi sulla superficie della cometa dai quali sono stati visti uscire getti di polvere e gas. Sono stati eventi speciali, di breve durata e che sarebbero particolarmente interessanti da capire. Speriamo solo che uno sbuffo non si svegli proprio mentre gli passiamo sopra. Non staremo muovendoci molto velocemente: 67P ha una massa relativamente piccola (è lunga 4 km) e la sua attrazione gravitazionale è modesta. Rosetta quindi non precipiterà sulla cometa come un sasso sulla Terra, ma piuttosto ci si avvicinerà senza fretta, con una velocità terminale di mezzo metro al secondo.
Gli strumenti, primi fra tutti quelli italiani dell’Inaf, funzioneranno fino al momento dell’impatto che, per quanto gentile, danneggerà la sonda. Probabilmente ci saranno dei rimbalzi, come è avvenuto per la sonda ”figlia” Philae, e forse i pannelli solari si romperanno. Comunque, sarà impossibile che l’antenna continui ad essere puntata verso la Terra e perciò la sonda verrà spenta immediatamente prima del touch down. Qualcuno dovrà ”togliere la spina”: forse sarà il capo della missione, o forse non ne avrà il coraggio e incaricherà qualcun altro. Ma Rosetta e la sfortunata Philae saranno due prodotti della tecnologia europea in viaggio nello spazio, poggiate insieme sulla loro cometa, studiate in due anni vissuti pericolosamente.
Partita nel 2004 per dieci anni di crociera interplanetaria, dall’agosto 2014 Rosetta scorta la cometa 67P nella sua orbita. Dopo averla intercettata mentre era ancora lontana dal Sole, l’ha poi vista accendersi man mano che il bagno di energia la scaldava, facendole emettere getti di gas e polveri che la sonda ha analizzato. Nell’agosto dell’anno scorso, raggiunto il punto di massimo avvicinamento al Sole, Rosetta ha rischiato di essere accecata dal gas e dalla polvere che la cometa emetteva troppo copiosamente. Poi è iniziata la fase di allontanamento dal Sole, con la cometa via via più tranquilla, tanto che la sonda è riuscita ad abbassarsi fino a solo 1 km di altezza. Le immagini ravvicinate hanno finalmente permesso di scoprire una zampa di Philae sporgente dal crepaccio dove lo sfortunato lander si era andato ad infilare.
In due anni, la cometa è stata studiata in grande dettaglio: nei suoi sbuffi di gas sono state trovate molecole di ossigeno e di azoto che risalgono all’inizio del sistema solare. Il vapor d’acqua analizzato da Rosetta ha una composizione diversa da quella dell’acqua terrestre (e anche da quella di altre comete). Non sono state comete come 67P a rifornire i nostri oceani, ma adesso sappiamo che le comete sono tutte diverse.