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Le riviste scientifiche che fanno l’occhiolino alle pseudoscienze

Mag 4, 2021

Su giornali come India Today, proprio mentre il coronavirus sta trasformando l’intera India in un inferno ardente di pire, senza ossigeno negli ospedali e con centinaia di milioni di persone allo stremo, troviamo la foto di una sorridente articolista autrice di un pezzo intitolato “Costruisci la tua immunità contro il Covid: curcuma, cannella, zenzero e pepe nero – tutti facilmente disponibili in cucina per aiutarti a costruire la tua immunità”. Secondo le ricette di una “dietologa praticante”, un decotto ottenibile da questi ingredienti sarebbe “la bevanda più potente per la salute dei polmoni”, oltre a potenziare il sistema immunitario e ad altri mirabolanti benefici che non sto qui a elencare.

 

Di per sé, vedere queste sciocchezze su testate di ampia diffusione, mentre bruciano i corpi, fa già impressione, ma il problema non è limitato a un articoletto su un quotidiano nazionale. Il problema è invece radicato nella condiscendenza che, da troppo tempo, la comunità scientifica manifesta verso certa pseudoscienza pericolosa, condiscendenza che in alcuni casi assume la forma di aperta e interessata complicità con le riviste scientifiche, desiderose di guadagnare autori (perché nel mondo al contrario dell’editoria scientifica pagano quelli, ormai, molto più dei lettori) e soldi pubblicando qualsiasi cosa. Non si tratta di un atteggiamento limitato a quegli editori di solito classificati come “predatori”: si tratta ormai invece di una prassi ben consolidata, di uno spettro di “comportamenti predatori” che si distribuiscono in giornali di qualunque provenienza dal punto di vista editoriale.

A fronte delle miscele di curcuma, zenzero, cannella e pepe delle riviste da parrucchiere (non me ne vogliano i nobili esercenti di un’arte antica e benemerita), troviamo ospitati su giornali scientifici della reputatissima editrice Elsevier una serie di articoli che hanno esattamente lo stesso tenore della rubrica popolare citata in apertura. Citando a caso articoli recentissimi e limitandosi ai soli studiosi indiani, da cui ci si aspetterebbe un po’ più di realismo visto ciò che sta succedendo nel loro paese, troviamo quindi review come quella intitolata “Erbe stimolatorie dell’immunità: guerrieri cruciale nella battaglia contro la pandemia da Covid-19”, in cui si pretende di avere trovato nuove formulazioni di erbe tradizionali per battere il Covid-19 (addirittura!). Oppure, sempre cercando fra titoli recenti di autori indiani, troviamo “Influenza potenziale di Nigella sativa (cumino nero) nel rinforzare il sistema immune: una speranza per rallentare la pandemia di Covid-19”. Non è che gli indiani siano gli unici; abbondano gli esempi da ogni altro paese, a partire dalla Cina e da molte nazioni europee; il punto è che ci si aspetterebbe un minimo di decenza almeno nelle pretese dei guaritori tradizionali e dei loro emuli pseudoscientifici durante una tragedia come quella che si sta vivendo  in India.

Soprattutto è disgustoso come, esistendo una sorta di ampia “bolla sociale” all’interno della comunità scientifica fatta di individui che, con titoli accademici e scientifici, supportano queste sciocchezze – o perlomeno non le esaminano con il metodo scientifico – Elsevier, ma vale per ogni altro editore, decida che si tratti di un’occasione da non perdere. Così le multinazionali della pubblicazione scientifica forniscono un mezzo patinato perché questi individui possano continuare la loro finzione di scienza, ingannando il pubblico e ottenendo la credibilità necessaria a scalare le istituzioni – come in India è già successo, ma come sta succedendo in molti altri paesi, Italia compresa. In cambio di soldi, si dà una bella platea a sciocchezze di ogni tipo; oltretutto, con un insopportabile atteggiamento di paternalismo neocolonialista, si dice che questo vien fatto per rispettare i sistemi di pensiero alternativi a quello della scienza occidentale – il che andrebbe benissimo, se non si volesse però fingere che i secondi siano una forma di scienza sotto gli stessi canoni della prima.

Ognuno è libero di somministrare e di assumere il placebo che preferisce; ma non di suggerire di combattere una pandemia con quello, né di rivendere insieme a esso un sistema di pensiero fallace e fraudolento, in grado di confondere il pubblico su cosa sia provato e cosa no. E in questo, il mondo dell’editoria scientifica non è innocente, non è arbitro neutrale; al contrario, sta sempre più promuovendo e cavalcando il lucroso business della scienza ciarlatana. Se non impareremo a relegare certe amenità passate per scienza al ruolo che compete loro – lo stesso degli oroscopi – non potremo mai competere con una macchina molecolare la cui fredda efficienza replicativa è indifferente a ogni nostra stupidaggine, poco importa se promossa per ignoranza o per soldi. 

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