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Le mani di Messina Denaro sugli appalti. Una società infiltrata nei lavori delle coop rosse

Dic 20, 2016

L’ultima novità sulla primula rossa di Cosa nostra è una vera sorpresa. Sembra che il superlatitante Matteo Messina Denaro vada predicando attraverso i suoi ambasciatori la “trasparenza” nella gestione mafiosa degli appalti. Così ha rivelato suo cugino, Lorenzo Cimarosa, ormai collaboratore di giustizia. E fa un certo effetto sentire parlare i mafiosi di “trasparenza”. Ma, evidentemente, il vento del cambiamento tira forte anche dentro l’organizzazione mafiosa. E quando, qualche tempo fa, scoppiò una polemica fra due clan della provincia di Trapani per i lavori del parco eolico “Vento di vino”, l’appello del vecchio Vito Gondola, il più anziano fra i consiglieri di Messina Denaro, fu uno solo: “Le cose si devono fare con trasparenza”. Così, i lavori furono divisi equamente.

Le ultime indagini della squadra mobile di Trapani, coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Palermo, dicono che Matteo Messina Denaro resta il signore degli appalti. Grazie ai soliti fidati imprenditori. Fra gli undici arrestati del blitz scattato questa notte ce ne sono due, insospettabili, Carlo e Giuseppe Loretta, in rappresentanza della famiglia di Mazara del Vallo si erano aggiudicati parte dei lavori del parco eolico. E non solo. Erano riusciti anche a gestire per qualche mese un subappalto per i lavori che la Cmc di Ravenna sta facendo all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, subappalto poi revocato grazie all’interdittiva antimafia per i Loretta emessa dalla prefettura.

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Dice il questore di Trapani, Maurizio Agricola: “Le indagini continuano a far emergere imprese riconducibili ai mafiosi, o comunque fagocitate dall’organizzazione criminale, che inquinano il territorio della provincia. Il blitz di questa notte è un ulteriore colpo per la rete che protegge e alimenta Matteo Messina Denaro”. Le indagini, coordinate dalla procuratrice aggiunta Teresa Principato e dai pm Paolo Guido, Carlo Marzella e Gianluca De

Leo, hanno svelato anche il ruolo di un rampollo di mafia, Epifanio Agate, il figlio di Mariano, uno dei fedelissimi di Riina e Provenzano. Pure lui è stato arrestato, gestiva due società impegnate nel commercio di pesce. Nelle intercettazioni, gli investigatori della Mobile diretta da Fabrizio Mustaro l’hanno sentito chiamare Messina Denaro “quello di l’ogghiu“, quello dell’olio. Chissà perché questo soprannome. E la caccia continua.

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