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Le ipotesi in campo per le pensioni e il dopo “quota 100”

Ott 21, 2021

AGI – La partita per il post Quota 100 rischia di essere più complicata del previsto. La misura bandiera della Lega, che consente di lasciare il lavoro con almeno 62 anni e 38 di contributi, scadrà a fine anno, e si profila una lunga trattativa in vista della legge di bilancio. Al partito di Matteo Salvini non piace la soluzione indicata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, per ammorbidire il passaggio istantaneo dai 62 ai 67 anni, ovvero lo scalone che penalizzerà quei lavoratori che da gennaio del prossimo anno non potranno accedere a quota 100 e non hanno allo stesso tempo i requisiti per maturare la pensione di vecchiaia prevista dalla riforma Fornero.

L’ipotesi che si fa strada, all’indomani del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al Documento programmatico di bilancio, è una nuova finestra di flessibilità, ovvero una sorta di ‘quota 102’, che offre nel 2022 la possibilità di uscita con 64 anni di età e 38 di contributi, e che diventerà quota 104 (66 anni di età e 38 di contributi) nel 2023 per soli 12 mesi prima di rientrare nel regime della riforma Fornero.

Opzioni e proposte

Tra le più papabili ci sarebbero anche deroghe a quota 102 e quota 104 per i lavoratori che svolgono attività usuranti. La scelta, quale essa sia, dovrebbe essere accompagnata dall’estensione di due anni e dal rafforzamento dell’Ape social, l’Anticipo pensionistico sociale introdotto nel 2017, destinato ai disoccupati di lungo corso, a chi assiste familiari o persone in estrema difficoltà e a una quindicina di categorie di lavoratori impegnati in attività considerate usuranti.

La platea dovrebbe essere estesa in linea con le indicazioni della commissione tecnica del ministero del Lavoro incaricata di studiare la gravosità dei lavori che ha consegnato il suo rapporto: l’ampliamento delle categorie dei lavoratori gravosi (fino a che punto estenderla dipenderà dalle risorse a disposizione) e per alcune categorie, a partire dagli edili, con la riduzione del requisito a 30 anni di contributi invece di 36.

Secondo quanto spiegano fonti sindacali, già il rafforzamento dell’Ape social da solo costerebbe 1 miliardo. E sarebbe questa, al momento, la dote totale per la previdenza che il governo intende spendere in manovra. La Lega fa muro e spera di strappare la proroga di un anno di quota 100, o in alternativa ripropone quota 41, ovvero il pensionamento anticipato al raggiungimento di 41 anni di contributi, compresi quelli figurativi a prescindere dall’età.

A far comprendere quanto complicato sia il cantiere pensioni sono le numerose proposte presentate dai partiti in Parlamento. La proposta del Pd, a firma Debora Serracchiani e Cantone, chiede di stabilizzare l’Ape sociale e di estenderlo a nuove categorie di lavori gravosi, di rendere permanente

Opzione donna, di introdurre con una delega la pensione di garanzia per i giovani e di ridurre la soglia di vecchiaia per le lavoratrici madri. Forza italia, invece, punta sulla possibilità di accedere al pensionamento per i lavoratori con almeno 62 anni di età e 35 anni di contributi, a condizione che l’importo del trattamento non sia inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale e con una riduzione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto al limite dei 66 anni.

Fratelli d’Italia propone una soglia minima di 62 anni e una massima di 70 anni, con almeno 35 anni di contributi. Molte delle proposte vanno nella direzione di un’uscita flessibile anticipata con ricalcolo contributivo, quindi la possibilità di andare in pensione prima dei 67 anni di età ricalcolando l’intera pensione con il metodo contributivo.

C’è anche la proposta del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che prevede la possibilità di uscita dopo 63 anni maturando solo il trattamento contributivo, con un’operazione in due tappe che consente di incassare subito la parte contributiva e al compiere dei 67 anni il resto. Secondo Tridico questa operazione potrebbe interessare 200.000 persone in tre anni. 

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