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La vice presidente di Apple: “A Napoli ho trovato giovani talenti, siate imprenditori di voi stessi” – La Stampa

Ott 7, 2016

Lisa Jackson è vice president of Environment, Policy and Social Initiatives di Apple. Si occupa di ambiente, diritti civili, educazione. A Napoli ha inaugurato la prima iOS Academy europea (“ma ce ne saranno altre”, annuncia): il Campus di San Giovanni a Teduccio è costruito come un college americano, e lo stile Apple si riconosce nei tavoli in legno chiaro, nell’uso massiccio di alluminio, nelle grandi vetrate. Nelle aule non c’è una cattedra, ma tavoli dove si studia e si lavora insieme, studenti e insegnanti.

Secondo gli ultimi dati, 40 mila ragazzi hanno lasciato l’Italia nel 2015 per cercare lavoro all’estero. Pensa che la nascita di iOS Academy possa cambiare qualcosa?

“Abbiamo scelto Napoli perché qui il nostro contributo può fare la differenza. Sappiamo che ci sono dei talenti, e la iOS Academy è un’opportunità per metterli alla prova. I ragazzi imparano a sviluppare app, ma anche a diventare imprenditori di se stessi. Alla fine dei corsi possono lavorare per altri, oppure decidere di inventarsi un’azienda e mettersi in proprio”.

Cosa prende Apple da Napoli e cosa dà in cambio?

“Molti pensano che il successo di Apple sia nei prodotti, ma i nostri prodotti sono buoni se le app sono buone, e le app migliorano se rispecchiano i bisogni locali. Gli italiani con ogni probabilità apprezzeranno maggiormente delle app realizzate da italiani, perché dietro c’è la stessa cultura. Noi ci guadagniamo nuovi talenti, in cambio diamo l’esperienza di otto anni in un campo, quello delle app, che essenzialmente abbiamo inventato noi”.

Quindi non solo programmazione?

“Saper creare un’app è fondamentale, ma poi bisogna portare avanti un’impresa, presentarla agli investitori e renderla interessante per gli utenti”.

Per l’economia delle app non servono grandi infrastrutture, ma persone e idee. Come pensa che questo possa cambiare i rapporti tra centro e periferia, tra Paesi sviluppati e aree emergenti?

“L’app store è una piattaforma che permette a chi ha un’idea di realizzarla e venderla in tutto il mondo. Una volta ci sarebbero voluti anni, forse decenni, oggi basta un giorno. L’app economy elimina confini e barriere, come questo campus che non è isolato rispetto alla città, ma aperto. Più barriere si rimuovono, più si sviluppano collaborazione e innovazione”.

E gli insegnanti?

“Alcuni insegnanti vengono dalle università che abbiamo coinvolto nel progetto, ma noi vogliamo portare qui diverse sensibilità: la storia di Napoli mostra che la convivenza tra culture può essere difficile, ma il confronto e il dialogo portano a risultati migliori e arricchiscono la vita di ognuno. Una delle docenti, ad esempio, è stata una nostra studente all’iOS Academy in Brasile, poi si è specializzata e ha deciso di insegnare, e ora è qui”.

In Italia abbiamo sempre vissuto un dualismo tra formazione scientifica e umanistica. Le app invece mettono insieme fantasia e precisione, arte e tecnologia. Sta nascendo una nuova cultura?

“L’Italia ha tutte le caratteristiche per avere un ruolo di primo piano nell’economia delle app. Non servono solo giochi, anche se certamente qui ne nasceranno molti, ma app in grado di renderci la vita migliore e più semplice. Lo scorso gennaio alla Bocconi il nostro Ceo Tim Cook aveva detto che Apple è di casa qui perché vive all’incrocio tra scienza e arte. L’Italia è la terra dell’ingegneria, del design, della poesia, della musica e della pittura, e tutto questo si riflette nei prodotti, nella loro bellezza, nella funzionalità, nella qualità. Anche nelle app. E in questo momento in Italia si sente l’energia di qualcosa che si sta trasformando. Noi vogliamo esserne parte, vogliamo fare in modo che sia un grande balzo in avanti, e non solo un piccolo passo”.

Il codice si può imparare anche da soli. Ma quanto è importante lavorare insieme?

“Sono ad Apple solo da 3 anni e mezzo ma ho capito che l’idea della collaborazione è fondamentale, a volte sacrifichiamo anche l’efficienza in nome del lavoro comune. Ci vuole più tempo per portare sul mercato un prodotto in questo modo, magari non siamo i primi, ma ci sono molte persone brillanti che insistono per non andare avanti finché tutti non sono d’accordo: così i nostri prodotti nascono con l’apporto di molte persone, e trovano il favore di molte persone”.

Cook dice anche che l’obiettivo di Apple è lasciare il mondo migliore di come è ora. A che punto siete?

“Quando ci penso mi dico che non è un obiettivo da poco. È parte del mio lavoro, e del lavoro di ciascuno ad Apple: noi diamo alle persone la possibilità di esprimersi al meglio. Ci concentriamo su poche aree, non siamo in ogni settore del mercato, e anche con i valori succede lo stesso. L’ambiente, ad esempio. Apple è alimentata al 93 per cento da energie rinnovabili: puntiamo al 100 per cento, ma abbiamo appena annunciato l’apertura di un impianto da 4 GigaWatt per i produttori che lavorano con noi. Vogliamo che questo sforzo coinvolga oltre Apple, anche l’indotto, che in Italia si traduce in trecento fornitori. E non ci occupiamo solo dell’ambiente, ma anche di accessibilità, perché chi ha problemi fisici o di apprendimento non deve essere lasciato indietro. Valorizzare la diversità per noi è un’altra sfida importante, e nella Silicon Valley non è facile”.

Pensi in Italia.

“Napoli mi ricorda un po’ New York, è molto dinamica e molto varia, sono certa che avremo risultati entusiasmanti”.

Intanto tra gli studenti della iOS Academy le ragazze sono solo 17 su 200. Che ne pensa?

“Sono donne ad aver inventato app per dare l’allarme in caso di abusi sessuali o per ridurre la mortalità infantile; le donne cambieranno la tecnologia, non succederà il contrario. Il nostro compito è fare in modo che la tecnologia non sia solo una cosa da uomini. Per questo abbiamo bisogno dell’appoggio dei Governi, delle istituzioni, delle altre aziende. A Napoli sono stata molto colpita da come l’università sia stata disponibile alla collaborazione, ma anche la politica ci ha aiutato (ieri la Regione Campania ha annunciato uno stanziamento di altri 30 milioni per il polo universitario e 7 milioni per le borse di studio, ndi). Se le cose vanno come speriamo, questo progetto potrà crescere e moltiplicarsi”.

Cosa vuol dire agli studenti che iniziano i corsi?

“Le cose che imparano qui sono strumenti che permettono di risolvere problemi più grandi, non si tratta di tecnologia fine a se stessa: è divertente, ma non è un giocattolo. Ai ragazzi dico: avete il potere di cambiare il mondo, usatelo”.

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