• 28 Marzo 2024 11:30

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La pandemia non è finita: ecco cosa sappiamo delle nuove sotto-varianti Omicron

Giu 17, 2022

Sebbene la pandemia di COVID-19 possa sembrare una cosa del passato, in realtà siamo ancora nel pieno del fenomeno. Come sa chi segue queste pagine, nuove ondate di sotto-varianti Omicron – BA.4 e BA.5 – si stanno diffondendo velocemente nel mondo, a partire da Sudafrica prima e Portogallo poi. Queste varianti, come abbiamo da tempo, stanno colonizzando anche l’Italia, e sono probabilmente responsabili della ripresa dei casi che stiamo osservando, nono stante si sia prossimi all’estate. Per meglio prepararci alla nuova, prossima ondata epidemica nel nostro paese, è bene ricapitolare ciò che ad oggi sappiamo di BA.4 e BA.5.

 
Innanzitutto, cosa sappiamo della loro trasmissibilità e virulenza? Ad oggi, è certo che si tratta di forme ancora più trasmissibili delle precedenti, in grado di reinfettare anche chi da poco è guarito da precedenti infezioni di Omicron, oltre che chi si è vaccinato da qualche mese. La dose di richiamo dei vaccini attuali offre qualche protezione immediata, anche se questa sparisce, e sia BA.4 che BA.5 sono ancora sensibili sia ad alcuni antivirali che ad alcuni anticorpi monoclonali. Per quello che riguarda la virulenza, per ora non sembra che BA.4 o BA.5 sembrano causare poche ospedalizzazioni e pochi decessi in relazione al numero di persone infettate; i sintomi potrebbero essere leggermente peggiori delle precedenti sottovarianti di Omicron (BA.1 in particolare), ma, nonostante studi di laboratorio avessero evidenziato che BA.4 e BA.5 potrebbero provocare una maggiore formazione di sincizi polmonari, al momento i dati epidemiologici di Sudafrica e Portogallo non supportano una pericolosità di questi virus paragonabile a varianti come la delta, almeno nella condizione oggi prevalente in Italia di un alto tasso di vaccinazione e di un alto tasso di infezioni precedenti.

Ma se BA.4 e BA.5 causano una malattia generalmente meno grave rispetto alle varianti precedenti, perché dovremmo preoccuparci della loro diffusione? Le ragioni sono sempre le stesse: perché anche se un virus causa una malattia lieve nella maggior parte delle persone, ci sono ancora gruppi di persone in cui può causare malattie gravi o addirittura la morte. E poiché la trasmissibilità è elevata, ciò significa che più persone saranno infettate, il che significa che si potrebbe comunque avere un numero assoluto elevato di persone che andranno incontro a malattie gravi o alla morte. Inoltre, non bisogna dimenticare i possibili impatti a lungo termine del cosiddetto “long Covid“, una sindrome complessa e multiforme, di cui si sa ancora poco.

  
Quanto sono diffuse queste nuove sottovarianti in Italia? Se guardiamo alle sequenze genomiche depositate nel database GISAID, al momento in cui scrivo BA.4 e BA.5 potrebbero rappresentare ciascuna il 15 percento delle nuove infezioni delle infezioni più recenti (7 giugno), con un intervallo di confidenza che giunge fino al 40 per cento per ognuna delle due varianti; il tasso di errore così alto è dovuto al piccolo numero di sequenziamenti che si effettuano in Italia, ma la crescita è innegabile, se si guarda nell’arco degli ultimi 30 giorni. Inoltre, va considerato che proprio le regioni in cui si stanno osservando più nuovi casi di positività al virus, come la Lombardia, sono quelle che restituiscono un maggior numero di campioni sia di BA.4 che di BA.5: questo dato rinforza l’idea che una prossima ondata di casi possa essere guidata proprio dalla crescita delle due sottovarianti in questione, le quali stanno rimpiazzando la precedente Omicron BA.2.

  
Cosa si può fare quindi per mitigare l’impatto della prossima ondata di Sars-CoV-2? Al netto del fatto che, sebbene non possiamo ancora sapere quanto questa sarà intensa, l’esempio del Portogallo mostra che il numero dei casi anche in un paese molto vaccinato può essere elevatissimo, è importante distinguere tra le misure che dovrebbe adottare il governo e ciò che ognuno può fare. Per essere onesti, è soprattutto il primo che dovrebbe fare di più: comunicazione, sequenziamento, monitoraggio epidemiologico e preparazione opportuna delle scorte di antivirali e anticorpi monoclonali dovrebbero avere la priorità. Per quel che riguarda gli individui, è arrivato il momento per chi è soggetto debole (grandi anziani e affetti da particolari patologie) di considerare un nuovo richiamo, proprio alla luce della sua utilità nel prevenire le conseguenze peggiori in queste specifiche fasce di popolazione. Inoltre, considerata la risalita non solo dei casi, ma del tasso di positività a parità del numero di test effettuati, è bene che ciascuno ricordi come il rischio di contagio sia nuovamente alto soprattutto in ambienti chiusi, e lo sarà maggiormente nelle prossime settimane: soprattutto chi è in contatto con soggetti fragili, farebbe bene a tenerne conto, adottando le solite misure precauzionali.

 
Come sempre, sereni, ma vigili.

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