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La generosità riscatta l’impotenza dell’uomo

Ago 27, 2016

Ci sono situazioni da cui non puoi essere assente. Ci sono momenti nei quali, a far la differenza, proprio la presenza, che dice attenzione, disponibilit, solidariet. Spinto da questi sentimenti mi sono recato ad Amatrice. Sento impotenza davanti a una natura severa. Sento disgusto per le diverse forme di sciacallaggio. Sento tanta generosit e voglia di ricominciare, in gente che chiede, essenzialmente, di non essere lasciata sola.

L’impotenza, innanzitutto.

Da ogni parte che giro lo sguardo vedo i segni di una natura che si abbattuta come una furia sulle abitazioni dell’uomo, sfrattandolo, intrappolandolo, seppellendolo e cancellando abitudini familiari, frequentazioni, commerci, attivit quotidiane. Ho toccato con mano una analoga devastazione solo nella “Striscia di Gaza”: ma almeno l possibile ricostruire la genesi di tanta violenza, mentre qui il dramma mi rende muto. La sagra di quegli spaghetti che hanno fatto conoscere questo borgo nel mondo – e che vi avrebbe avuto luogo proprio in questo fine settimana – non ha fatto nemmeno in tempo ad accendere i suoi piatti, i suoi canti, i suoi colori.

Qui davvero, oramai, la geografia non pi la stessa. N quella del paese – la sua viabilit, i suoi quartieri e le sue case, le sue chiese, la scuola e l’ospedale Grifoni, i suoi alberghi (a partire dall’hotel Roma, ridotto in macerie), la sua torre civica, con le lancette dell’orologio bloccate sull’istante del disastro – n quella umana: al numero delle vittime (quanti bambini!), si aggiunge quello dei dispersi e dei feriti, quello degli sfollati, costretti in alloggi precari; e, poi, quello dei tanti che rimangono violati nell’anima e negli affetti: ognuna delle persone che incontro ha perso almeno un familiare, un amico, un conoscente. Il Corso, interrotto dalle macerie, ha visto allinearsi una accanto all’altra povere salme, avvolte in un lenzuolo e deposte dalla piet sul selciato e nel verde, luoghi solitamente frequentati da ben altra vita. Appena giunto, dopo un percorso stradale davvero improbo, la prima cosa che faccio quella di fermarmi in preghiera, assieme al Vescovo diocesano, davanti a questi morti.

Il disgusto, quindi. Ho visto come il coordinamento delle Forze dell’Ordine lavori per assicurare il rispetto almeno di ci che resta, arginando gli eventuali sciacalli di turno, sempre pronti a muoversi senza dignit fra le rovine, alla ricerca di beni altrui da sottrarre approfittando della tragedia. A mio avviso, non sono molto diversi da loro anche quanti giocano a contrapporre la tendopoli, in cui qui sono accolte le vittime del sisma, agli alberghi del litorale dove hanno trovato ospitalit i profughi, scampati dalla guerra e dalla miseria. Nostri connazionali contro gli stranieri. Tendopoli contro hotel. Povere lamiere di prefabbricati contro strutture che si dipingono con wi-fi e tv al plasma. E in questa polarizzazione starebbero le ragioni per cui gli italiani si infuriano…Se non avessi gli occhi e il cuore pieni di dolore per quanto ho davanti, griderei per l’ottusit di certe analisi. Qui non si tratta di stare da una parte o dall’altra, ma di evitare una volta di pi polemiche gratuite, ideologiche e strumentali.

Se proprio non si ha altro da fare, perch non regalarsi una visita come questa? Magari poco distante da qui, nell’Ascolano, dove Vescovo monsignor D’Ercole, con il quale mi sono sentito ieri: perch non andare con lui ad Arquata del Tronto, dove giovani provenienti dalla Nigeria, dal Mali e dal Senegal ricambiano l’accoglienza e le possibilit ricevute con il loro essere in prima fila nell’aiutare ad allestire le zone in cui vengono ospitati i senzatetto? Ma proprio vero: non c’ peggior cieco di chi non vuol vedere.

La solidariet, infine. Girando per quel che rimane di queste vie mi difficile non provare dentro di me un sentimento di orgoglio e di commozione per la generosit di tanti volontari. Come mi impossibile non restare colpito nell’ascoltare la professionalit con cui sono intervenuti i primi soccorsi. Tutti costoro – mi chiedo – non sono forse riflesso di quella solidariet pi diffusa che in queste ore si esprime nelle tante donazioni – goccia dopo goccia – con cui ciascuno dice la propria partecipazione al dolore di questa gente? Il pensiero mi viene sapendo della presenza ad Amatrice anche di don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, questa rete capillare che unisce in una relazione di condivisione e che, mentre apre la mano con l’aiuto immediato, sa guardare pi in l e si fa progetto che accompagna secondo logiche e tempi di continuit. Questa volont ha portato la Chiesa italiana – attraverso il Cardinale Bagnasco, Presidente della Cei – a scegliere la data del prossimo 18 settembre per una colletta che coinvolger tutte le nostre parrocchie italiane, fino alle comunit pi piccole, in un unico grande abbraccio solidale: sar la misura della verit delle nostre parole e delle nostre celebrazioni! Come Chiesa italiana, l’intento quello di condividere risorse economiche – la prima stata quella del milione di euro prelevato dai fondi dell’otto per mille e destinato alla prima emergenza – e umane, nella disponibilit a operare con tutte le istituzioni, a partire dalle autorit locali. Insieme, forse riusciremo a dare risposte attese e ad allontanare la paura di ritardi colpevoli o di politiche di corto respiro.

Su questa lunghezza d’onda al caro Vescovo di questa diocesi – monsignor Domenico Pompili, che mi ha accompagnato nella visita – ai Sacerdoti che erano con lui e alle persone che ho incontrato ho voluto dire la vicinanza mia personale, confermare le parole di solidariet subito pronunziate dal Presidente della Cei e trasmettere la calda vicinanza del Santo Padre, sentito mentre ero l in visita. Sono state davvero tante le realt che in questi giorni si sono rivolte alla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana per manifestare la loro preghiera e la loro concreta solidariet: anche a costo di dimenticarne qualcuna, voglio ricordare la Chiesa che in Slovenia e in Bosnia Erzegovina, quella polacca e quella slovacca, la ungherese e quella francese, la spagnola e l’argentina, Chiesa greco cattolica dell’Ucraina…oltre alla Chiesa Ortodossa che in Italia e all’Associazione Islamica Italiana degli Imam. Sono segni che parlano il linguaggio della fratellanza, di una Chiesa che non conosce confini e di comunit religiose che si riconoscono disponibili a camminare insieme. Anche questo spirito pietra su cui poggia l’opera di ricostruzione. Di tale spirito questa popolazione ha estrema necessit, per non vedersi costretta ad archiviare il proprio futuro, sepolta da una dimenticanza pi pesante di quella dei crolli murari.

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