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La corsa di Huawei su Apple e Samsung – Il Sole 24 Ore

Nov 13, 2016

L’annuncio del Mate 9 da parte di Huawei è il coronamento di un percorso di sviluppo nato da una precisa domanda: come si può migliorare ogni elemento dell’esperienza d’uso di uno smartphone? La risposta a questa domanda, riproposta nel corso dell’evento di lancio del prodotto, si può sintetizzare in tre direttrici, e cioè quelle delle prestazioni, del design e delle funzionalità. Per la prima e la terza entrano in gioco le componenti hardware e software, ed è soprattutto su questi due fronti, e quindi quello della ricerca e dello sviluppo, che Huawei si gioca le proprie carte per arrivare a coronare un obiettivo che ormai è noto. Quale? Spodestare entro un triennio Samsung dal trono mondiale degli smartphone, passando dal sorpasso di Apple a partire dal 2018.

James Zou_General Manager Huawei CBG Italia

“Investiamo in R&D (16 i centri attivi in tutto il mondo, ndr) il 10% dei nostri ricavi – conferma a Nòva James Zou, neo Country Manager per l’Italia della divisione Consumer Business Group – perché vogliamo portare sul mercato prodotti che siano innovativi e all’avanguardia tecnologica. I nostri apparecchi devono essere scelti e comprati dai clienti per la qualità che offrono e non per i problemi dei concorrenti”. Il riferimento, come si può intuire, va al caso Note 7 di Samsung, episodio che a detta di Zou non ha generato (finora) vantaggi sostanziali a Huawei in termini di venduto.

La tolleranza zero verso i difetti, insomma, è un motto che il gigante cinese ha fatto proprio per scalare le vette dell’industria dei telefonini. Ma c’è ovviamente dell’altro. A cominciare dalla capacità di fare innovazione a tutto tondo, dote necessaria per primeggiare nella fascia alta del mercato, sfruttando le sinergie che derivano dall’essere un’azienda che pensa e produce anche le infrastrutture di rete e i chipset che motorizzano molti dei suoi dispositivi. Sinergie che, come conferma Zou, rappresentano “un grande vantaggio rispetto agli altri vendor”. Non è un caso, quindi, che il manager apra volontariamente una finestra sulle reti 5G, anticipando come in occasione della Coppa del Mondo di calcio del 2018 (in Russia) la sua azienda si farà trovare pronta con una soluzione (rete, device e chipset) funzionante, anche se non destinata da subito al grande pubblico.

Huawei, questo è certo, guarda al futuro prossimo con piglio deciso, dimostrando di avere le idee chiare anche su un attributo chiave dei telefonini intelligenti di nuova generazione, e cioè la durata delle batterie. Nel Mate 9, per capirci, è integrato un chipset proprietario (il Kirin 960, il primo octa-core al mondo costruito con processori Arm) che promette di abbattere i consumi di energia del 15% a livello di Cpu e del 40% a livello di Gpu. Ma non solo. La batteria agli ioni di litio da 4.000 mAh assicura sulla carta oltre due giorni di utilizzo senza interruzioni e fa il paio con una tecnologia (SuperCharge) che consente di ricaricare il telefono in soli 20 minuti per un utilizzo di un’intera giornata.

Basteranno queste capacità per soddisfare la voracità di dati (video in primis) e di realtà virtuale degli utenti mobili di quinta generazione? Probabilmente no. Ed ecco che Huawei ha pronto un jolly da mettere in tavola, e cioè un nuovo materiale per le batterie, il grafene, su cui l’azienda sta lavorando a quattro mani con l’Università di Manchester. “La vita della batteria deve sicuramente migliorare ancora”, dice Zou, che aggiunge una postilla che sa di sfida ma anche di auspicio per tutta l’industria mobile: “al momento non c’è una tecnologia disruptive in questo campo, il grafene può rappresentare il cambio di paradigma”.

Una svolta concettuale e progettuale, che in casa Huawei verrà ovviamente condivisa con la divisione che sviluppa le reti, perché la tecnologia delle reti è un parametro importante per gli ingegneri che disegnano gli smartphone e ne devono garantire la connettività in ogni situazione, oltre che la massima efficienza a livello energetico. Non bastassero nuovi materiali e totale condivisione delle risorse a livello R&D, per migliorare la qualità degli smartphone il Mate 9 dispone di un algoritmo proprietario di machine learning (integrato nel chipset) il cui compito, in parole povere, è quello di ottimizzare (così come già avviene sui pc) l’uso delle risorse di memoria e di sistema per prolungare la vita della batteria. Maggiore intelligenza a bordo, dunque, che abbraccia l’affinamento del sistema operativo Android (ringraziando Linux) e un’interfaccia utente che faciliterà la comprensione dei modelli di comportamento degli utenti, dando priorità alle applicazioni più utilizzate. Huawei la chiama esperienza d’uso lineare nel corso del tempo. E tale “experience” ha un vantaggio, secondo la casa cinese, sicuramente non trascurabile: rallenta il calo delle prestazioni tipico di tutti gli smartphone.

Gianni Rusconi
Gianni Rusconi
Giornalista professionista freelance

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