AGI – Adesso abbiamo pure “Jannika” anche se si chiama Jasmine. A pochi giorni dai trionfi di Sinner a Melbourne e Rotterdam ecco che la Paolini, da Castelnuovo Garfagnana ma pure lei con un nome di battesimo internazionale (e con papà toscano, mamma polacca e nonno ghanese) conquista il torneo 1000 di Dubai, il primo di questo livello in carriera, con un 4/6- 7/5- 7/5 alla Kalinskaia. La ventottenne azzurra che con il suo 1,63 non si fa spaventare da un circuito femminile pieno di stangone, sale alla posizione n.6 della Race, la classifica che qualifica alle Finals e, soprattutto, al n.14 della classifica Wta. Solo Flavia Pennetta a Indian Wells nel 2014 e Camila Giorgi a Montreal nel ’21 erano riuscite a imporsi in tornei di questo valore.
E’ doveroso sottolineare che la Paolini ha vinto a Dubai davvero applicando quel modo di restare (e non di stare) in campo che ha permesso a Jannik di vincere il primo Slam della vita in Australia. A Melbourne il ragazzo di Sesto Pusteria, come è impossibile dimenticare, rimontò due set di svantaggio a Medvedev giocando in modo perfetto alcuni punti e approfittando di un leggero calo del russo. Anche Jasmine aveva di fronte un’atleta di natali moscoviti, Anna Kalinskaia, che proveniva dalle qualificazioni e si era concessa il lusso di battere in semifibale Iga Swiatek: ma la vera gelida come il ghiaccio è stata proprio l’azzurra.
Coì’ come Jannik non si è perso d’animo sulla Rod Laver Arena, Jasmine si è trovata sotto 3-5 nel set decisivo, così come si era trovata sotto di un set e di un break contro Haddad Maia nel primo turno riuscendo poi a ribaltare la situazione. E a quel punto si è trasformata in Jannika: ha vinto il suo servizio con agio e ben lungi dal tremare ha guardato l’avversaria con gli occhi da tigre e ha continuato a tirare vincenti di dritto e rovescio. La russa si è spaventata e non ha più messo una palla in campo. Sbagliando, fra l’altro la prima vole’e della sua partita, tutt’altro che di massima difficoltà, in modo francamente inguardabile.
Demerito suo, certo: ma super merito dell’azzurra che non solo ha mostrato quegli occhi di cui sopra ma, in perfetto stile Sinner, si è resa testimonial di quella che è la griffe del tennis italiano di questi faustissimi tempi: avere un progetto e portarlo avanti con metodo e sorriso. I risultati, quelli che pesano, possono arrivare a anche a 28 anni. In chiave olimpica si ragiona spesso, nell’imminenza di un’edizione dei Giochi su quale sarà la disciplina che si coprirà maggiormente di gloria: e se fosse il tennis? Con Sinner capofila, i doppi Bolelli-Vavassori (finalisti all’Australian Open e a Buenos Aires, domani giocheranno l’ultimo atto a Rio) e Sonego-Musetti (finalisti a Doha), Jasmine Paolini capace di imporsi in un 1000 sperare è tutto meno che fuori luogo.
AGI – Adesso abbiamo pure “Jannika” anche se si chiama Jasmine. A pochi giorni dai trionfi di Sinner a Melbourne e Rotterdam ecco che la Paolini, da Castelnuovo Garfagnana ma pure lei con un nome di battesimo internazionale (e con papà toscano, mamma polacca e nonno ghanese) conquista il torneo 1000 di Dubai, il primo di questo livello in carriera, con un 4/6- 7/5- 7/5 alla Kalinskaia. La ventottenne azzurra che con il suo 1,63 non si fa spaventare da un circuito femminile pieno di stangone, sale alla posizione n.6 della Race, la classifica che qualifica alle Finals e, soprattutto, al n.14 della classifica Wta. Solo Flavia Pennetta a Indian Wells nel 2014 e Camila Giorgi a Montreal nel ’21 erano riuscite a imporsi in tornei di questo valore.
E’ doveroso sottolineare che la Paolini ha vinto a Dubai davvero applicando quel modo di restare (e non di stare) in campo che ha permesso a Jannik di vincere il primo Slam della vita in Australia. A Melbourne il ragazzo di Sesto Pusteria, come è impossibile dimenticare, rimontò due set di svantaggio a Medvedev giocando in modo perfetto alcuni punti e approfittando di un leggero calo del russo. Anche Jasmine aveva di fronte un’atleta di natali moscoviti, Anna Kalinskaia, che proveniva dalle qualificazioni e si era concessa il lusso di battere in semifibale Iga Swiatek: ma la vera gelida come il ghiaccio è stata proprio l’azzurra.
Coì’ come Jannik non si è perso d’animo sulla Rod Laver Arena, Jasmine si è trovata sotto 3-5 nel set decisivo, così come si era trovata sotto di un set e di un break contro Haddad Maia nel primo turno riuscendo poi a ribaltare la situazione. E a quel punto si è trasformata in Jannika: ha vinto il suo servizio con agio e ben lungi dal tremare ha guardato l’avversaria con gli occhi da tigre e ha continuato a tirare vincenti di dritto e rovescio. La russa si è spaventata e non ha più messo una palla in campo. Sbagliando, fra l’altro la prima vole’e della sua partita, tutt’altro che di massima difficoltà, in modo francamente inguardabile.
Demerito suo, certo: ma super merito dell’azzurra che non solo ha mostrato quegli occhi di cui sopra ma, in perfetto stile Sinner, si è resa testimonial di quella che è la griffe del tennis italiano di questi faustissimi tempi: avere un progetto e portarlo avanti con metodo e sorriso. I risultati, quelli che pesano, possono arrivare a anche a 28 anni. In chiave olimpica si ragiona spesso, nell’imminenza di un’edizione dei Giochi su quale sarà la disciplina che si coprirà maggiormente di gloria: e se fosse il tennis? Con Sinner capofila, i doppi Bolelli-Vavassori (finalisti all’Australian Open e a Buenos Aires, domani giocheranno l’ultimo atto a Rio) e Sonego-Musetti (finalisti a Doha), Jasmine Paolini capace di imporsi in un 1000 sperare è tutto meno che fuori luogo.