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In Usa corre l’inflazione e non solo per l’energy crunch

Ott 14, 2021

AGI – Corrono i prezzi al consumo in Usa a settembre e si prevede che salgano ulteriormente nei prossimi mesi a causa dell’impennata dei costi dei prodotti energetici. Ciò potrebbe quindi mettere in dubbio la tesi della Fed secondo cui il rialzo dell’inflazione sia un fenomeno transitorio. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,4% il mese scorso dopo essere salito dello 0,3% ad agosto. Nei 12 mesi fino a settembre, l’indice IPC è aumentato del 5,4% dopo essere avanzato del 5,3% su base annua ad agosto.

Escludendo le componenti volatili di cibo ed energia, l’indice è salito dello 0,2% dopo essere aumentato dello 0,1% ad agosto mentre il cosiddetto core CPI è salito del 4,0% su base annua dopo l’aumento del 4,0% in agosto. Gli analisti aspettavano un rialzo dello 0,3% per il CPI generale e dello 0,2% per il core CPI.

Il rialzo è determinato dalla corsa dei prezzi del gas, nonché all’accelerazione della crescita dei salari. Non solo, ma il numero di persone che hanno lasciato volontariamente il loro lavoro ha raggiunto un livello record ad agosto e almeno 10,4 milioni di posizioni non sono state occupate: l’inflazione salariale è destinata quindi a salire ulteriormente.

Il presidente della Fed Jerome Powell ha più volte detto che l’alta inflazione, determinata a suo avviso dai colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento, è transitoria. Quasi due anni dopo la pandemia globale, non ci sono segni che le catene di approvvigionamento si stiano allentando, il che ha portato a carenze di beni come i veicoli a motore e a un rialzo dei prezzi per i consumatori. “Il posto giusto per cercare l’inflazione non è solo nei cosiddetti dati sull’inflazione stessa, ma anche nel mercato del lavoro più stretto e nella crescita dei salari associata”, ha detto Andrew Hollenhorst, capo economista di Citigroup a New York, riportato da Reuters.

Il rapporto CPI di settembre non dovrebbe avere alcun impatto sulla tempistica della Fed per iniziare a ridimensionare il suo massiccio programma mensile di acquisto di obbligazioni. La banca centrale degli Stati Uniti ha segnalato il mese scorso che potrebbe iniziare a ridurre i suoi acquisti di beni già a novembre. Gli economisti si aspettano che l’annuncio arriverà alla riunione politica del 2-3 novembre.

Sempre secondo gli analisti il CPI potrebbe invece suscitare una reazione nel mercato obbligazionario, in quanto potrebbe alterare le aspettative del mercato per i tempi del primo rialzo dei tassi da parte della Fed, che a nostro parere, è ancora lontano all’orizzonte. Intanto il rendimento dei Treasury a 10 anni è salito all’1,573% e i future di Wall Street sono ora in rialzo.

La misura dell’inflazione preferita dalla Fed per il suo obiettivo flessibile del 2%, l’indice dei prezzi delle spese di consumo personale core, è aumentato del 3,6% nei 12 mesi fino ad agosto mentre la Fed ha aggiornato la sua stima di inflazione PCE di base per quest’anno al 3,7% dal 3,0% di giugno. Nonostante i forti aumenti salariali, l’alta inflazione sta tagliando il potere d’acquisto dei consumatori, il che, insieme alla carenza di veicoli a motore, ha portato gli economisti a tagliare le stime del prodotto interno lordo per il terzo trimestre a un tasso annualizzato dell’1,3% da un ritmo del 7%. Proprio ieri l’Fmi ha ridotto le sue previsioni di crescita degli Stati Uniti per il 2021 di un intero punto percentuale, al 6,0% dal 7,0% stimato a luglio.

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