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In ricordo di Stephen Hawking – L’HuffPost

Mar 14, 2018

A cura del prof. Giancarlo Setti, professore ordinario presso l’Università di Bologna e componente della Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dell’Accademia dei Lince

Scrivere di Stephen Hawking a poche ore dalla notizia del suo decesso, quando le emozioni ti assalgono e rivedi un pezzo della tua vita, è difficile. Ho conosciuto Steve, perché così famigliarmente lo si chiamava, nel lontano settembre 1967 quando ero in visita a Cambridge presso il favoloso gruppo astrofisica e cosmologia di Dennis Sciama. Aveva da poco ottenuto il PhD e gli inizi della malattia erano già evidenti. Ci si trovava tutte le mattine riuniti nella saletta per la pausa del caffè alle ore 11, che spesso da pausa si estendeva in lunghe discussioni scientifiche nelle quali la preparazione e l’intelligenza critica di Steve erano già un riferimento. Alle volte discutendo su argomenti particolarmente complessi con altri colleghi ci si fermava dicendo “Beh… sentiamo cosa ne pensa Steve” e lo si andava a trovare nel suo ufficio. Ma Steve era anche una persona squisita. Ricordo ancora con grande affetto la prima volta che mi invitò a cena a casa sua, dove conobbi la graziosa moglie Jane e il primo figlio Robert di pochi mesi, anche lui nato di maggio come me e scherzammo su questa coincidenza. Non dimenticherò mai l’affetto con il quale Steve di ritorno dall’ufficio se lo coccolava sulle ginocchia, e poi lo passò sulle mie ginocchia. Una famigliola felice e mi si stringeva il cuore quando via via apprendevo dell’aggravarsi della malattia. Ma poi per me diventò difficile parlare direttamente con lui per via della difficoltà di intendersi.

Fu così che al termine di una mia relazione sui fondi cosmici di raggi-X e gamma al convegno vaticano di “Cosmologia Astrofisica” del 1982, Steve mi fece una domanda che io letteralmente non capii, ma fortunatamente un suo studente che l’accompagnava me la riformulò. Mi aveva chiesto se ai fondi cosmici di cui sopra avrebbero potuto contribuire le fasi finali ed esplosive di “buchi neri” di massa estremamente piccola. E già, perché anche i “buchi neri” si consumano emettendo quella che viene chiamata la “radiazione di Hawking”, ma il tempo di evaporazione del loro contenuto di massa-energia è tanto più lungo quanto più grande è la loro massa, cosicché solo quelli di massa estremamente piccola potrebbero essere evaporati nell’età dell’Universo, quelli che eventualmente potrebbero essersi prodotti all’inizio del Big Bang. E poi il suo contributo fondamentale agli studi sulla termodinamica dei “buchi neri”, con la formulazione delle quattro leggi che la regolano e la conseguente deduzione che la loro entropia non può che aumentare. Vorrei anche qui ricordare la lunga contesa con colleghi fisici, che ha avuto risonanza anche sui mass media, sulla questione dell’informazione che mette in gioco questioni fondamentali delle teorie fisiche, e se questa viene persa o no quando la materia cade in un “buco nero”. Alla fine mi pare abbiano concordato che l’informazione non può essere persa. Quindi gli studi fondamentali sulla fisica dei “buchi neri” da un lato e quelli sulla cosmologia dall’altro. Per questi ultimi è difficile potersi addentrare nello spazio limitato a disposizione. Vorrei qui solo ricordare che Steve era possibilista circa l’origine dell’universo, lo zero del tempo, cioè che tutto fosse iniziato 13.7 miliardi di anni fa con il Big Bang, modello al quale e al cui sviluppo ha contribuito. Ma la questione dello zero assoluto del tempo è una questione ancora aperta perché la cosmologia è una scienza un po’ particolare che dispone di un solo universo da osservare e su cui sperimentare. E poi una descrizione delle sue idee la si trova nei suoi numerosi libri a carattere divulgativo, e si’ era un grande divulgatore anche nelle conferenze mediante l’ausilio di una voce dicitallizata.

Alcuni colleghi mi hanno chiesto come Hawking potesse allevare e seguire i suoi studenti, in particolari quelli iscritti al Dottorato, visto la sua difficoltà a scrivere. La risposta è semplice, si fa per dire, perché Hawking era in grado di seguire calcoli e soluzioni anche complesse di equazioni della Relatività Generale a mente. Abbiamo perso un grande scienziato e un collega, una mente fra quelle più grandi che hanno segnato il secolo 20mo, però Steve rimarrà con noi nel futuro a caratterizzare quello che la mente umana ha saputo raggiungere.

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