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Imane Fadil uccisa da un mix di sostanze radioattive. Il mistero della testimone del caso Ruby – La Tribuna di Treviso

Mar 16, 2019

Avvelenata da un mix di sostanze radioattive che avrebbe ingerito o con un cocktail o con del cibo. È questo che raccontano le cartelle cliniche sequestrate all’ospedale Humanitas di Rozzano, subito dopo la morte di Imane Fadil, 34 anni, marocchina, teste chiave nel processo contro Silvio Berlusconi per il caso di Ruby Rubacuori e le serate hot del bunga bunga. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo per omicidio volontario e ha disposto l’autopsia sul cadavere. Il procuratore Francesco Greco assicura che «le indagini saranno approfondite perché siamo di fronte a una morte e la vicenda è seria».

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La ragazza è deceduta lo scorso 1 marzo, dopo quello che lo stesso Greco definisce «un mese di tormentata agonia». Era stata ricoverata il 29 gennaio, dopo essersi sentita male a casa di un amico. «Ho un forte mal di pancia e mi sento sfinita» disse ai medici che hanno faticato non poco a capire che fosse stata avvelenata. Ci troviamo infatti di fronte all’uso di un avvelenamento molto raro, un cocktail di elementi radioattivi, che determina il progressivo deterioramento degli organi interni. «Ho paura di morire, mi hanno avvelenata» ha raccontato Imane al fratello e al proprio avvocato Paolo Sevesi. E la procura ora conferma che «dalle cartelle cliniche emergono sintomatologie da avvelenamento».

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Ma che tipo di veleno è stato somministrato alla donna? E, soprattutto, da chi? Nel 2012, durante un interrogatorio di fronte ai magistrati, alla domanda se avesse ma ricevuto pressioni la giovane raccontò di essere stata avvicinata da uno strano personaggio, un siriano, che le consegnò una scheda e un cellulare Nokia, per non essere intercettata: «mi chiamò almeno cinque volte per dirmi prendi un taxi e vai là che devi parlare…». «Là dove?» le chiese il pm, e lei: «Per me era chiaro: era inteso Arcore. Io però non andai, avevo paura…».

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Imane Fadil si era costituita parte civile, insieme ad altre due ragazze, nei processi Ruby, bis e ter, ma da quest’ultimo era stata esclusa perché secondo i giudici della settima penale, davanti ai quali si svolge il filone principale del processo che vede imputati Berlusconi e altre 27 persone per corruzione in atti giudiziari, (compresa Karima El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori), i reati contestati non ledessero direttamente le tre ragazze, ma lo Stato. A proposito di questa vicenda va poi ricordato che Imane, con le altre due giovani, aveva avviato una trattativa extragiudiziale con la senatrice di Forza Italia, Maria Rosaria Rossi, fedelissima del Cavaliere. Trapelò che le tre ragazze avessero richiesto un risarcimento intorno ai 2 milioni di euro. Ma il patto saltò e non ottennero nulla. Altra questione insolita riguarda le affermazioni di Imane sul contesto «satanico» in cui si svolgevano le serate del bunga bunga: «Si avvertiva la presenza del demonio e in un camerino accanto alla sala c’erano decine di tuniche che facevano pensare a riti satanici». Questo e molti altri particolari sono ampiamente raccontati in un libro scritto da Imane Fadil e ora al vaglio del pm Luca Gaglio e dell’aggiunto Tiziana Siciliano.

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