La variabile shale oil
Il direttore dell’Aie, Fatih Birol, a dire il vero inizia a segnalare un ripensamento: la produzione Usa «rallenterà, non vedremo più una crescita esplosiva dello shale», ha dichiarato alla Reuters, auspicando che i Paesi Opec prendano «la decisione giusta per se stessi e per l’economia globale, che è ancora molto fragile».
Anche Mohammed Barkindo, segretario generale dell’Opec, aveva espresso dubbi di fronte alle telecamere della Cnbc: per lo shale oil, in difficoltà a finanziarsi, forse si sta addirittura preparando una «rapida decelerazione».
L’impatto di Imo 2020 (e delle sanzioni)
Il greggio da shale, in quanto leggero e poco solforoso, è comunque avvantaggiato in questo momento dai preparativi per Imo 2020: le nuove specifiche che dal 1° gennaio impongono, in tutto il mondo, di abbassare il tenore di zolfo dei carburanti navali.
Per l’Azeri Light e il Qua Iboe (nigeriano) c’è un boom di ordini, che ne ha fatto impennare il prezzo: il differenziale sul benchmark si è spinto al record dal 2013.
Anche alcuni greggi solforosi –come il russo Ural – godono di forte domanda e valutazioni da primato. Ma il motivo sono da un lato le sanzioni Usa, che hanno fatto crollare l’offerta da Iran e Venezuela, e dall’altro gli stessi tagli Opec, che hanno colpito soprattutto barili sour.