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I nuovi modelli di successo per le Pmi

Mar 20, 2018

Mentre non dato prevedere se e come verranno sciolti i complessi nodi politici per la formazione di un nuovo governo, fortunatamente il sistema economico uscito infine dal tunnel di una lunga recessione. E ci sta avvenendo grazie anche all’opera di tante piccole e medie imprese che hanno ripreso a correre. Gi in passato, in altre stagioni politiche difficili e controverse, uno stuolo di minuscole aziende, di impianto famigliare e con a capo titolari provenienti per lo pi dai ceti popolari, hanno concorso a tenere a galla la nostra industria manifatturiera, puntando i piedi e adoprandosi per impedirne la deriva quando quelle di maggior stazza e appartenenti alle principali dinastie imprenditoriali si trovavano con l’acqua alla gola o alle prese con ardui processi di ristrutturazione.

Oggi, come sappiamo, molte cose sono cambiate da quando bastavano il “saper fare”, un certo talento e bagaglio di cognizioni pratiche, unitamente a una gran voglia di autorealizzazione personale, per avviare o per assecondare le fortune di numerose Pmi.

In seguito a una globalizzazione senza pi confini e ai contraccolpi della crisi finanziaria esplosa nel 2008, oltre che per gli effetti della quarta rivoluzione industriale, sono mutati radicalmente il contesto concorrenziale, i modi di produrre e lavorare, le prospettive di sviluppo dell’economia e le dinamiche sociali.

Attualmente, a operare in sintonia con le cruciali trasformazioni in corso su pi versanti risultano in complesso, nel nostro Paese, il 20 per cento delle imprese, in quanto sono in grado di competere con successo sui mercati internazionali, detengono la quota pi alta delle esportazioni e producono un maggior valore aggiunto.

Ma alcune significative novit in tal senso stanno adesso manifestandosi anche nell’ambito del massiccio agglomerato (pari al 60 per cento del totale) di aziende rimaste finora a met strada fra quelle del gruppo di testa e quelle di coda che sopravvivono in condizioni stentate ed estremamente incerte.

A sospingere diverse imprese del grosso plotone intermedio dell’universo produttivo italiano (giunto frattanto a comprendere pressoch tutte le sue diverse componenti nel Nord e nel Centro della penisola, oltre ad alcune enclave nel Sud), verso un “salto di qualit” e un modello d’impresa pi competitivo sono, a seconda dei casi, una serie di particolari innovazioni e soluzioni operative sul piano progettuale, gestionale e commerciale.

Se in passato facevano aggio soprattutto un ampliamento delle dimensioni aziendali e un consolidamento dei rapporti col territorio, adesso i fattori evolutivi e premianti sono altri anche per aziende con poco pi di una decina di dipendenti: da un apporto di specifiche competenze manageriali, ad appropriate iniziative volte alla formazione del capitale umano; dalla realizzazione di catene di valore mediante un’integrazione fra singole specializzazioni nell’ambito di certe filiere produttive, all’introduzione delle tecnologie digitali; da un modo pi differenziato di affacciarsi o di rafforzarsi in alcune nicchie di mercato, all’accesso a fonti di finanziamento alternative a quelle bancarie tradizionali; dall’aggancio a determinati canali del sistema distributivo, a un utilizzo sagace degli strumenti comunicativi e pubblicitari.

Rimane tuttavia pur sempre essenziale il ruolo di politiche pubbliche che valgano a incentivare le attitudini e le tendenze delle aziende orientate all’adozione di strategie pi efficaci e redditive e ad accelerare il loro cambio di passo.

A tal fine occorrono infatti adeguati provvedimenti legislativi che contribuiscano ad accrescere il patrimonio di nuove competenze professionali e agevolino gli investimenti infrastrutturali, che riducano il cuneo fiscale su imprese e lavoro, e, non certo da ultimo, mirino a scongiurare il pericolo di una persistente polarizzazione fra il Centro-Nord e il Mezzogiorno del Paese.

In questo momento non c’ quindi in ballo solo una questione politica di governabilit, ma anche di governance economica. Anzi, fra l’una e l’altra esiste un rapporto di stretta correlazione per via di un insieme di compatibilit e interconnessioni che hanno inoltre a che fare con i nostri impegni in sede comunitaria (a cominciare dalla sostenibilit del debito pubblico) e con le nuove direttrici di marcia della Comunit europea.

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