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I mercati brindano alla riforma fiscale Usa

Dic 4, 2017

MILANO – Ore 10:15. Il dollaro si rafforza e i listini europei – insieme ai future su quelli Usa – sono positivi dopo che nel fine settimana il Senato americano ha approvato la riforma fiscale che prevede tagli alle tasse per 1.500 miliardi. Una notizia che – ad eccezione di quanto visto sulla Borsa di Tokyo – sembra orientare positivamente i mercati a dispetto del riemergere delle nubi del Russiagate sulla presidenza di Trump. I listini globali, nota Bloomberg, approcciano la fine dell’anno confermandosi dunque in prossimità dei livelli più alti di sempre, con gli investitori focalizzati sulle performance dei bilanci aziendali e sul clima di crescita economica in rafforzamento. Milano segna un rialzo dell’1,05%, confermandosi tra i migliori: Londra e Parigi aggiungono lo 0,8%, Francoforte l’1,05%.

I tagli fiscali approvati dal Senato Usa dovranno essere riconciliati con la versione della riforma passata alla Camera, ma sembra ci sia la volontà di arrivare a un testo unitario entro la fine dell’anno. In via preliminare, gli analisti di Intesa Sanpaolo parlano di un possibile impatto espansivo sull’economia americana da 0,3 punti percentuali per anno, nel 2018-2019. “I tagli fiscali forniscono un supporto al mercato americano, che ha bisogno di mantenere queste valutazioni e non crollare rapidamente, perché anche l’Asia faccia bene”, ha annotato Joshua Crabb di Old Mutual Global Investors all’agenzia americana. Questa settimana, le attenzioni degli investitori si puntano sulle decisioni delle banche centrali in Australia e India, e anche le discussioni su Brexit – con la premier Theresa May attesa a Bruxelles – entrano in una fase centrale.

Sul fronte societario si registrano due importanti operazioni: l’italiana Prysmian ha acquisito il 100% dell’americana General Cable, per un valore di 3 miliardi di dollari, mentre nel farmaceutico si muovono quasi 70 miliardi con l’acquisto di Aetna da parte di Cvs, che secondo gli osservatori rivoluziona il settore. A Piazza Affari è bene intonata Fca, sui progetti di valorizzazione di Magneti Marelli e Comau. L’euro scambia a 1,1848 contro il dollaro. Lo spread tra Btp e Bund tedesco è stabile sotto 140 punti base, con il decennale italiano che rende l’1,77%.

Chiusura in ribasso questa mattina per la Borsa di Tokyo, con gli investitori innervositi dalle tensioni negli Stati Uniti che coinvolgono anche il presidente Donald Trump sul “Russiagate”. Il Nikkei ha terminato gli scambi con un calo dello 0,49%, a 22.707 punti. Migliora la fiducia delle famiglie giapponesi a novembre. L’indice che misura la fiducia dei consumatori è salito di 0,4 punti attestandosi a 44,9 da 44,5 di ottobre.

La seduta di venerdì scorso a Wall Street è finita in calo ma sopra i minimi intraday osservati quando si è temuto che lo scandalo sulle interferenze di Mosca nelle elezioni Usa potesse travolgere la presidenza Trump. L’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn si è detto colpevole di avere mentito all’Fbi sui suoi incontri con l’ambasciatore russo in Usa durante la fase di transione tra il governo Obama e quello successivo. A contenere le perdite è stato il fatto che ancora non sono emerse prove di atti illeciti da parte del leader Usa. Ha aiutato anche un rinnovato ottimismo per l’approvazione al Senato della riforma fiscale, che è arrivata come detto nella notte tra venerdì e sabato. Il Dow ha ceduto lo 0,17%, a quota 24.231,59, e l’indice delle 30 blue chip ha messo a segno la migliore settimana del 2017 con un +2,9% all’indomani della migliore seduta dell’anno in corso. L’S&P 500 ha perso lo 0,20%, ma in settimana è salito dell’1,5%. Il Nasdaq composite ha lasciato sul terreno lo 0,38%, e ha limato lo 0,6% sull’ottava precedente.

Oggi l’agenda macroeconomica Usa prevede l’Ism per lo Stato di New York e gli ordini alle fabbriche di ottobre. Nell’Eurozona, invece, si attende la riunione dell’Eurogruppo: in agenda c’è la nomina del nuovo presidente, con l’italiano Padoan uscito dai giochi.

Il petrolio è infine in calo sui mercati asiatici. Gli investitori temono che un aumento della produzione statunitense possa annullare gli effetti del prolungamento dei tagli deciso giovedì scorso dall’Opec. In particolare, il Wti con consegna a gennaio cede 47 centesimi a 57,89 dollari a barile, mente il Brent con consegna a febbraio perde 38 centesimi a 63,35 dollari.

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