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Genova, Google “condannata”: Garante Privacy ordina di cancellare la “ricerca assistita”

Feb 11, 2017

Google è stata condannata dal Garante della Privacy a intervenire su uno di quei misteriosi algoritmi che regolano le ricerche on line. In particolare quello che in un batter di ciglia, appena digitato il nome di una persona, una città o un oggetto, offre una serie di abbinamenti a volte inspiegabili o sorprendenti.

In pratica è stata punita per l’ “autocompletamento”, una di quelle funzioni che possono semplificare la vita ma anche rovinarla a qualcuno.

La sentenza ha infatti accolto, parzialmente, il ricorso di un manager dell’azienda Apcoa, che a Genova ha in gestione alcuni parcheggi cittadini, in particolare quello di piazza della Vittoria.

Tutto era iniziato nell’aprile 2012 con una serie di articoli di un quotidiano che raccontavano di un’inchiesta (poi archiviata) su Apcoa da parte della procura di Genova a seguito dell’esposto di un avvocato che ipotizzava il reato di usura nelle modalità del pagamento. In articoli successivi si raccontava di “minacce di matrice anarchica” all’imprenditore.

Il manager ha presentato ricorso al Garante per ottenere la rimozione e la deindicizzazione degli articoli dal web. Google ha risposto che non essendoci stata nessuna sentenza (una causa civile era stata intentata) che definisse diffamatori gli articoli in questione non aveva l’obbligo di rimuoverli.

Gli avvocati del colosso informatico statunitense specificavano inoltre: “l’inammissibilità della distinta richiesta di rimozione dei suggerimenti di ricerca visualizzati nella tendina a comparsa di “Google Autocomplete”, posto che essa riporta i termini che gli utenti associano più frequentemente alle prime parole chiave digitate nella stringa dall’utente, sono, pertanto, il risultato di un software automatico che sceglie i termini maggiormente ricercati dagli utenti, in un arco di tempo determinato, insieme alle prime parole chiave digitate nella stringa di ricerca e non riflette in alcun modo una scelta discrezionale di Google… frutto di un algoritmo che analizza e restituisce, in modo statistico, i termini maggiormente ricercati da tutti gli utenti con le iniziali delle parole digitate nella stringa di ricerca”, funzione rispetto alla quale non risulta applicabile il diritto all’oblio”.

Il manager Apcoa ha inoltre ricordato che “i fatti in oggetto non hanno alcun tipo di riscontro con la realtà, in quanto mai nessuna indagine è stata attivata nei suoi confronti né risulta essere mai stato coinvolto in nessun “grave reato””.

Il Garante, ha respinto la richiesta di rimozione -per altro effettuata dallo stesso quotidiano autonomamente – ma ha spiegato che ” per quanto concerne la richiesta volta ad ottenere la rimozione dell’associazione tra il nome dell’interessato ed il termine “minacce” resa disponibile attraverso l’utilizzo dell'”autocomplete”, la predetta associazione risulta pregiudizievole per l’interessato in quanto effettuata mediante l’utilizzo

di una parola idonea ad ingenerare nell’utente della rete il sospetto che il ricorrente sia stato comunque coinvolto in attività illecite”. Per questo motivo il Garante della Privacy Antonello Soro ha ordinato a Google di pagare 200 euro di spese ma soprattutto “di rimuovere, nell’ambito della funzione di completamento automatico gestita dalla medesima (cosiddetto autocomplete), l’associazione tra il nome dell’interessato ed il termine “minacce””.

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