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G20 a Baden Baden: schiarita sui cambi, incognite su protezionismo e clima

Mar 17, 2017

BADEN BADEN – Oggi la Germania compie un doppio salto nel buio. E a poco è servita la decisione del Segretario al Tesoro americano, StevenMnuchin, di fare ieri tappa a Berlino per un incontro con il suo omologo tedesco Wolfgang Schäuble prima del G20 finanziario che comincia stamane a Baden-Baden. Le incertezze sono tante. Peraltro, nella stessa giornata del faccia a faccia attesissimo tra la cancelliera Merkel e il presidente Trump a Washington, i cui gli esiti sono avvolti nella nebbia.

Anche la lunga telefonata di ieri tra la cancelliera e il premier cinese Xi Jinping e il comunicato successivo in cui si sottolinea l’importanza del libero commercio fa pensare a un avvicinamento un po’ teatrale tra Est e Ovest. Volto a segnalare al presidente americano che l’isolazionismo rischia di danneggiare il suo Paese anche perché spinge ad alleanze più forti tra le altre aree del mondo, affatto intenzionate a rinunciare al libero scambio.

A Baden Baden, Wolfgang Schäuble sarà il padrone di casa di un summit dei 20 “big” dall’epilogo incerto. Potrebbe essere, nella peggiore delle ipotesi, l’inizio di una deriva cacofonica. Sarà il comunicato finale a rivelare moltissimo sul futuro del G20. Il termometro dei rapporti futuri sarà il grado di forza o di vaghezza degli impegni comuni. A cominciare dal fatto che per la prima volta potrebbe sparire quello, reiterato sempre, nell’ultimo decennio, a evitare il protezionismo.

Ieri fonti governative segnalavano che i maggiori problemi si stanno registrando attorno alla parola del commercio “equo”, utilizzata anche ieri da Mnuchin. Per il presidente, ha sottolineato, il commercio “deve essere libero ma equo”. E attorno a quel termine, che evoca vincoli e condizioni, si stanno dannando gli sherpa. Anche se Mnuchin si è spinto a dire che “non vogliamo guerre commerciali”.

Forse una schiarita si è registrata, almeno nelle parole del responsabile del Tesoro americano, sul tema centrale delle valute. Un grande punto interrogativo è se il comunicato finale potrà mantenere l’impegno a non fare una “svalutazione competitiva” insomma a evitare guerre dei cambi. Dopo le bordate di Trump contro il dollaro “troppo forte”, il suo segretario al Tesoro ha detto ieri di ritenere “nel lungo termine il rafforzamento del dollaro come positivo” perché è un sintomo della salute dell’economia. Mnuchin non è neanche tornato ad attaccare l’euro, come i suoi colleghi o Trump. Ha detto che è una moneta che “mette insieme molti Paesi”.

Il formato allargato dei Grandi del mondo, avviato per affrontare con maggiore efficacia il terremoto della Grande crisi ma anche nella consapevolezza che in un mondo multipolare il caminetto tradizionale del G8 era insufficiente, ha sempre funzionato su alcuni assunti – tutti messi ora in discussione dal Paese più potente, dalla nuova America di The Donald. A partire dall’impegno a regolamentare maggiormente un settore finanziario che lo tsunami da subprime aveva dimostrato essere un pericoloso incubatore di catastrofi globali.

Ieri Mnuchin non ha aggiunto ufficialmente nulla ai confusi messaggi che arrivano da Washington sulle presunte intenzioni di tornare a un mercato deregolamentato. “Stiamo esaminando il Dodd-Frank”, si è limitato ieri a dire il segretario al Tesoro. Ma una fonte presente all’incontro sostiene che Washington non ha intenzione di tornare al “far west” precedente al 2007: “il Dodd-Frank non sarà smantellato”. Nei giorni scorsi gli appelli a non tornare indietro su regole più stringenti per le banche si erano moltiplicati, da Mario Draghi a Schäuble al governatore della Bundesbank, Jens Weidmann.

Altrettanto importante sarà il tema del commercio, anche qui la guerra alla globalizzazione e la minaccia di dazi della nuova amministrazione statunitense mette in discussione un pilastro su cui non si sono mai registrate divisioni, in seno al G20. Anche su questo fondamentale tema, che Trump usa come grimaldello non tanto contro l’Europa quanto contro la Cina, Mnuchin non si è sbottonato: “Ne parleremo al Congresso”. Il responsabile del Tesoro ha però ammesso che tra le ipotesi resta anche quella dei dazi. Alla vigilia del G20, la numero uno del Fmi, Christine Lagarde, ha invitato i “big” e soprattutto Washington “a non farsi male da soli” con neo protezionismi.

Sul punto di maggiore attrito tra Washington e Berlino, il surplus di bilancio, Schaeuble ha ribadito anche ieri che “non ho sentito ancora un argomento convincente su come ridurlo”, ha ricordato che la spinta fornita dall’euro debole deriva da decisioni prese dalla Bce che tiene conto di 19 Paesi e ha sbottato: “noi non chiediamo certo alla California di ridurre il suo sovrappiù di commercio”.

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