Le vetture da competizione sovralimentate mediante turbocompressore, dispositivo compatto, di semplice installazione e collegato al motore solo mediante tubazioni (per l’aria e per i gas di scarico), sul finire degli anni Settanta non erano certo una novità. Dal 1968 stavano dominando a Indianapolis e dal 1976 avevano iniziato a fare lo stesso a Le Mans. Sulle Formula Uno, benché il regolamento fosse tutto sommato abbastanza favorevole ai motori sovralimentati, per i quali era previsto un handicap di cilindrata non certo penalizzante, gli aspirati continuavano a dominare indisturbati. Nel 1977 però la Renault ha mostrato la strada, con la sua monoposto azionata da un V6 turbo di 1500 cm3. La messa a punto è stata laboriosa, specialmente per quanto riguarda l’affidabilità e la gestibilità della erogazione. Occorreva ridurre il famigerato turbo-lag, cosa di particolare importanza se si considera che una cosa è correre su di un ovale americano e un’altra su di un circuito tortuoso.
La prima vittoria il motore francese l’ha ottenuta nel 1979 e due sono arrivate l’anno successivo. Il V6 Renault però non ha mai vinto il titolo, pur imponendosi in 20 gran premi tra il 1979 e il 1986. Il rapporto corsa/alesaggio di questo motore era 0,5 soltanto, il che al suo apparire costituiva un nuovo record. Le misure caratteristiche erano infatti davvero radicali: 86 x 43 mm! Pure l’angolo tra le valvole era molto contenuto, con i suoi 22°, e una autentica novità per il mondo della Formula Uno era il comando della distribuzione a cinghie dentate. Sembra anche che questo V6 sia stato il primo motore da GP a impiegare bielle con il fusto dotato di una sezione ad H rovesciato, che all’epoca veniva generalmente chiamata “tipo Carrillo”. Particolarmente significativo (anche se la soluzione non è stata sfruttata a dovere per vari anni) è stato lo sviluppo da parte della Renault delle molle pneumatiche, impiegate nei suoi motori da competizione a partire dal 1986.
La Ferrari è stata lesta a comprendere che il futuro sarebbe stato dei motori turbo e già sul finire del 1980 ha schierato il suo V6, che si è rivelato ben presto assai valido, vincendo due gare già nella stagione successiva, 3 nel 1982 e 4 nel 1983. Nell’era turbo però la casa di Maranello, complice anche una abbondante dose di sfortuna, non è riuscita a conquistare alcun titolo mondiale piloti, pur vincendo 15 GP e imponendosi nella classifica dei costruttori nel 1982 e nel 1983.
La Ferrari aveva una grande esperienza in fatto di motori da competizione con sei cilindri a V. In questo caso il suo 126 C aveva un angolo tra le due bancate di cilindri di 120°, un alesaggio di 81 mm e una corsa di 48,4 mm. In questo motore gli scarichi erano collocati centralmente e andavano ad azionare due turbocompressori. In seguito questa disposizione è cambiata, diventando quella classica, con gli scarichi all’esterno. Per la stagione 1987 il motore è stato profondamente ridisegnato, l’angolo tra i cilindri è sceso a 90° e nelle teste l’angolo tra le valvole è sensibilmente diminuito; per quanto riguarda il basamento va segnalato il passaggio dalla lega leggera alla ghisa.
Il primo motore turbo a vincere un mondiale piloti di Formula Uno è stato nel 1983 il BMW, che si distaccava nettamente da quelli schierati dagli altri costruttori per il fatto di essere a quattro cilindri in linea e di impiegare un basamento di serie (in ghisa, con canne integrali), al quale erano state apportate solo lievi modifiche. Aveva un alesaggio di 89,2 mm e una corsa di 60 mm e derivava dall’eccellente 2000 di Formula Due. L’angolo tra i due piani sui quali giacevano le quattro valvole di ciascun cilindro era di 40° e la lunghezza delle bielle era di ben 2,56 volte la corsa. Alla sovralimentazione provvedeva un grosso turbocompressore KKK. Questo motore, che nel corso della sua carriera ha vinto nove gran premi, ha fatto la sua comparsa nel 1981.
Il TAG – Porsche è nato su richiesta della McLaren, che ha potuto disporre per questo progetto dei soldi forniti dalla Technique d’Avant-Garde di Mansour Ojjeh. Si trattava di un sei cilindri a V di 80° che ha fatto il suo esordio nella estate del 1983 e che ha gareggiato fino al 1987 vincendo 25 gran premi. Aveva un alesaggio di 82 mm e una corsa di 47,5 mm ed è stato il primo a disporre le due valvole omologhe di ciascun cilindro con gli assi non paralleli ma leggermente inclinati tra loro. Questa soluzione, con valvole lievemente radiali e camme troncoconiche, è stata poi impiegata anche da altri costruttori. Consentiva di migliorare la geometria della camera e di incrementare leggermente il coefficiente di efflusso. Tra il 1984 e il 1986 questo V6 tedesco ha conquistato tre mondiali piloti e due mondiali costruttori.
Sul finire degli anni Settanta la Honda aveva sviluppato un V6 per le gare di Formula Due ed è stato partendo da tale base che ha realizzato il suo primo motore turbo di 1500 cm3. Si trattava di un sei cilindri dalle caratteristiche molto interessanti, a cominciare dal basamento in ghisa con canne umide munite di bordino di appoggio superiore. Le misure caratteristiche erano addirittura estreme. L’alesaggio di 90 mm era infatti abbinato a una corsa di soli 39,3 mm. Il rapporto era ancora più spinto di quello della Renault! Rapidamente i tecnici giapponesi si sono comunque resi conto che nei motori Turbo misure più “umane” erano vantaggiose: non solo le camere di combustione erano più compatte, ma i pistoni, di diametro minore, risultavano meno sollecitati termicamente. Nel 1985 la Honda è così passata a un alesaggio di 82 mm e a una corsa di 47,2 mm, misure che l’anno successivo sono diventate rispettivamente 79 mm e 50,8 mm. Le monoposto azionate dal V6 turbo della grande casa giapponese si sono imposte in ben 40 gran premi e hanno conquistato due mondiali piloti.
Quelli dell’era turbo sono stati anni di grande fermento e di straordinario sviluppo tecnico, durante i quali sono state raggiunte potenze specifiche mai viste in precedenza. Ne parleremo in dettaglio prossimamente…