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Fine del Qe e rialzo dei tassi: l’agenda di Draghi per tornare alla normalità

Apr 22, 2017

MILANO – E’ tempo di compilazione dei calendari presso la Banca centrale europea di Mario Draghi. A poche ore dal via alla stagione elettorale, che ha un primo snodo cruciale in Francia, si intensificano i ragionamenti su come l’Eurotower potrà portare la zona della moneta unica fuori da questa lunga stagione di stimoli straordinari, senza indebolire i mercati e la ripresa economica. Con la grande incognita dell’esito delle urne – in vista anche delle elezioni tedesche – ad aleggiare sul percorso di normalizzazione della politica monetaria.

Il board di Francoforte si riunirà nella settimana a valle del primo turno transalpino, ma dalla cima dell’Eurotower ci si aspetta una posizione attendista e neutrale, se non di supporto in caso di scossoni sui mercati per risultati a sorpresa. Anche il downgrade di Fitch all’Italia può esser elemento di ulteriore tensione. Ma se il prossimo sarà un passaggio interlocutorio, cosa accadrà dopo? Un corposo rapporto di Morgan Stanley di pochi giorni fa ha cercato di fare chiarezza sulle prospettive di azione del governatore italiano.

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Gli economisti del colosso Usa, guidati da Daniele Antonucci, condividono il presupposto più volte sottolineato dallo stesso Draghi in tema di inflazione: l’attuale risalita dei prezzi è dovuta a fattori estemporanei. “C’è un trend di miglioramento”, spiega Antonucci, “ben visibile se si considera che nel paniere ci sono sempre meno prodotti in deflazione”. E finalmente i diversi ‘pezzi’ dell’Eurozona sono accordati in un rialzo dei prezzi, sebbene a velocità diverse tra Paesi. Ma la previsione è ancora di un’inflazione intorno all’1,5% alla fine del 2018, dunque sotto l’obiettivo “vicino al 2%” che sta nel cuore del mandato della Bce.

Morgan Stanley alza poi le stime di crescita del Pil di 40 e 10 punti base per quest’anno e il prossimo, rispettivamente all’1,8 e all’1,7%. Anche in questo caso, sebbene il rafforzamento della ripresa sia diffuso, non è uniforme: l’Italia viene citata come l’anomalia al ribasso nel panorama continentale, con un ritmo di crescita che fatica a distaccarsi dal +1%. Sul punto, Antonucci ricorda che questa lentezza “non dipende tanto dal ciclo economico né dallo stimolo fiscale” che le politiche del governo riescono a mettere in campo, “ma dalle caratteristiche strutturali dell’economia italiana. E’ il potenziale dell’economia tricolore ad essere basso, e su questo devono agire le riforme”.

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Al netto della specificità italiana, sulla scorta di queste previsioni di prezzi e crescita gli economisti credono che la Bce adotterà una strategia prudente di diminuzione degli stimoli. La possibile scaletta degli interventi: nella riunione di giugno, Draghi dovrebbe lasciar cadere il riferimento alla possibilità – se necessario – di impostare tassi “più bassi”, per segnalare un atteggiamento differente dalla Banca centrale. Dopo le vacanze, a settembre, si attende l’annuncio di una riduzione degli acquisti (attualmente a 60 miliardi al mese), che dovrebbe nei fatti partire da gennaio 2018. Con un taglio allo shopping da 10 miliardi al mese, si arriverebbe comunque alla metà del prossimo anno per un completo esaurimento del Qe. Soltanto nel settembre successivo, Draghi dovrebbe metter mano ai tassi rialzando di 10-15 punti base il tasso sui depositi (quello applicato sulla liquidità che le banche lasciano parcheggiate presso Francoforte, che è ora in negativo dello 0,4% e costituisce così una tassa implicita sul denaro fermo). A differenza di quanto fatto dalla Fed, dunque, ci sarebbe una finestra di tempo minore tra la fine del Qe e il rialzo dei tassi, anche se quello di rifinanziamento principale (attualmente a zero) non dovrebbe esser toccato ancora per un po’.

Fine del Qe e rialzo dei tassi: l'agenda di Draghi per tornare alla normalità

Daniele Antonucci, senior economist di Morgan Stanley

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Su tutto, come accennato, resta l’incognita delle elezioni, a partire dai vicini francesi. Ancora Antonucci: “Nel nostro scenario di base, la situazione è market-friendly con una mancata vittoria per Marine Le Pen. Ad oggi, i rischi derivanti da una sua affermazione sono correttamente prezzati dal mercato. Chiaramente, con un risultato a sorpresa nel primo turno cambierebbero molte cose”. E di sorprese, ultimamente, le urne ne hanno date.

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