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Famiglia, con il coronavirus per il 74% delle donne è aumentato il carico di lavoro domestico

Mag 26, 2020

“Il decreto rilancio deve pensare a mamme e neomamme”. L’appello arriva da Save the children, che per accendere i riflettori sulla difficoltà dell’essere mamme in Italia, una difficoltà acuita dall’emergenza coronavirus, ha realizzato, insieme all’Associazione Orlando un’analisi su un campione di oltre mille madri. I dati che saltano agli occhi riguardano il carico di cura nelle famiglie più a rischio povertà, dove tutto ricade sulle spalle delle donne, senza il supporto degli uomini: oltre la metà è da sola a occuparsi dei figli (51,7%) e a fare la spesa (50,3%), inoltre pulire la casa e lavare i vestiti (l’80,2%), e cucinare (70,5%) resta una attività quasi esclusivamente femminile.

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Dall’analisi di Save the children, che da oltre 100 anni lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, emerge anche che l’Italia si è trovata nel mezzo della crisi con oltre 6,2 milioni di mamme con almeno un figlio minorenne. Sempre meno quelle più giovani (l’età media al parto cresce inesorabilmente e nel 2019 tocca i 32,1 anni, il tasso più alto in Europa), molte di loro sono costrette a rinunciare alla carriera professionale (tra i 25 e i 54 anni solo il al 57% delle madri risulta occupata rispetto all’89,3% dei padri), non possono appoggiarsi ad una rete per la prima infanzia (solo il 24,7% dei bambini frequenta un servizio socio-educativo per la prima infanzia) e spesso ammettono di aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per cercare di conciliare lavoro e vita privata (la scelta della riduzione dell’orario di lavoro ha riguardato il 18% delle donne e solo il 3% degli uomini).

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Il rapporto: sempre più “equilibriste”

Dal rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2020” diffuso oggi “emerge chiaramente che la condizione delle madri in Italia non riesce a superare alcuni gap, come quello molto gravoso del carico di cura, che costringe molte di loro ad una scelta netta tra attività lavorativa e vita familiare – osserva Save the children – una situazione già critica che è ulteriormente peggiorata con l’emergenza Covid-19, specie per i 3 milioni di lavoratrici con almeno un figlio piccolo (con meno di 15 anni), circa il 30% delle occupate totali (9 mln 872 mila)”.

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L’emergenza ha costretto le donne a barcamenarsi tra mille incombenze più di prima, da qui il titolo “le equilibriste”, scelto per il rapporto. “Nonostante quasi la metà di quelle intervistate (44,4%) stia proseguendo la propria attività lavorativa in modalità agile – si legge nella nota che accompagna il dossier -, tra queste, solo il 25,3% ha a disposizione una stanza separata dai figli e compagni/e/mariti dove poter lavorare, mentre quasi la metà (42,8%) è costretta a condividere lo spazio di lavoro con i familiari. In questo periodo, per 3 mamme su 4 tra quelle intervistate (74,1%) il carico di lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli/e, anziani/e in casa, persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo (spesa, preparazione pasti, pulizie di casa, lavatrici, stirare). Tra quelle che hanno dichiarato un aumento del carico domestico, il 43,9% dichiara un forte aumento, mentre il 30,2% lo considera aumentato di poco”.

Secondo la ong le misure del decreto “Cura Italia” e rinnovate con il Decreto Rilancio, (di cui oggi inizia la discussione in Commissione Bilancio alla Camera) “hanno riguardato una platea alquanto ridotta di genitori lavoratori: dagli ultimi dati disponibili solo 242 mila lavoratori e lavoratrici hanno fatto domanda per il congedo previsto per genitori con figli di età non superiore ai 12 anni, poche anche le richieste per il bonus baby sitter (alternativo al congedo) di massimo 600 euro, poco più di 93 mila”.

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“Con l’avvio della fase tre, le più penalizzate rischiano di essere le madri lavoratrici, circa il 6% della popolazione italiana. Con la mancata riapertura dei servizi per la primissima infanzia molte donne, soprattutto quelle con retribuzioni più basse e impiegate in settori dove è necessaria la presenza fisica, rischiano di dover decidere di non rientrare al lavoro, aggravando la già difficile situazione dei livelli occupazionali femminili italiani. Per quelle che invece potranno lavorare in smart working, è forte il rischio di un carico eccessivo di lavoro e di cura – dice Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children – È necessario adottare al più presto un Piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza, che metta al centro i diritti dei minorenni, perché le famiglie non devono essere lasciate sole ad affrontare le sfide educative e sociali che la crisi sanitaria ha imposto”.

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Le regioni amiche delle mamme

Il Rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2020” di Save the Children, include come ogni anno, l’Indice delle Madri che identifica le Regioni in cui è più o meno facile essere mamme, elaborato dall’Istat per Save the Children, che misura, attraverso 11 indicatori, la condizione delle madri rispetto alle tre diverse dimensioni: quella della cura, del lavoro e dei servizi. L’indice del 2020 fa riferimento alla situazione precedente alla crisi sanitaria causata dall’emergenza covid-19. Anche quest’anno, l’Indice delle Madri restituisce una fotografia dell’Italia pre-Covid a macchia di leopardo, con le regioni del Nord più aperte a fornire supporto alla maternità e quelle del Sud nelle quali le madri devono faticare per trovare un equilibrio tra lavoro e carico di cura. Ai primi posti della classifica generale ci sono nuovamente le Province Autonome di Bolzano e Trento. Al terzo posto l’Emilia-Romagna (al 5° l’anno scorso), seguita da Valle d’Aosta (al 4° posto come l’anno scorso) e Lombardia (che perde due posizioni rispetto all’anno precedente. Sicilia (21° posto) e Campania (20° posto) si confermano le regioni dove essere madri è più complicato che altrove, seguite da Calabria (20° posto l’anno scorso), Puglia (che perde una posizione rispetto al 2018) e Basilicata (18° posto lo scorso anno). Mentre le regioni più virtuose fanno emergere il sostegno alla maternità con politiche di welfare mirate, le regioni che occupano le ultime posizioni, mostrano un indice inferiore a 100 , a causa soprattutto della crisi economica e del progressivo peggioramento delle politiche per l’infanzia.

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Così il Covid ha peggiorato la situazione delle madri

Dall’analisi elaborata da Save the Children sui questionari somministrati dall’associazione Orlando, per quanto riguarda le principali criticità che le mamme hanno vissuto nella fase di isolamento forzato, la lontananza dai propri affetti (nel 21,7% dei casi), la limitazione di attività legate al benessere personale (15,4%) e il peso di lavoro di cura dei figli minori (14%), hanno prevalso addirittura sull’isolamento forzato (13,9%) e sulla paura del contagio (11,3%). Preoccupanti, anche, i problemi economici (8%), i conflitti in casa (6,7%) e il rischio di perdita del lavoro (6,3%).

Particolari criticità, inoltre, riguardano i genitori single, che affrontano in contemporanea l’emergenza lavorativa e quella familiare. Tra questi, la grande maggioranza è rappresentata da donne, 302 mila mamme (a fronte di 47 mila papà) che devono gestire lavoro e cura dei figli da sole. Senza considerare le circa 70 mila donne che si stima abbiano dato alla luce un figlio in questi mesi, molte delle quali si sono dovute confrontare, oltre che con le classiche inquietudini e apprensioni delle neomamme, anche con quelle create dal Coronavirus e correlate alla difficoltà di avere informazioni chiare e univoche sulla trasmissione del virus, i pericoli del contagio, l’allattamento, la possibilità o meno di poter stare con il neonato in caso di positività al Coronavirus.

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