C’è solo una consolazione: alla fine del mondiale manca una gara in meno. Le prossime sei, se sono come le ultime, saranno sufficienti per soppiantare il valium in farmacia. Perché che vinca Rosberg con la Mercedes ci può anche stare, ma la lunga sfilata di macchine in fila è stata la solita corsa inutile in cui qualche sprazzo non è bastato a destare l’attenzione. Ci ha provato Ricciardo sul finire, con una Red Bull che è arrivata a 4 decimi da Rosberg, con una strategia strana (fatta di 4 stop ai box) ci ha provato Raikkonen con un sorpasso alla Mercedes di Hamilton per il terzo posto, salvo poi tornare ai box a cambiare le gomme e finire ancora dietro all’inglese. E poi il solito Verstappen che con Kvyat ha trovato un osso duro con cui lottare e che gli ha reso pan per focaccia, anche se poi alla fine non è cambiato nulla.
E manco la rimonta di Vettel dall’ultimo posto al quinto ha emozionato: per come si è sviluppata la gara e per gli avversari davanti, ha fatto il minimo sindacale con una macchina inferiore a Mercedes e Red Bull ma superiore a tutte le altre. Il resto è solo accademia e numeri: Rosberg si riprende la testa del mondiale con 273 punti contro i 265 di Hamilton, in crisi con la gestione gomme e freni, Ricciardo finisce per la quarta volta al secondo posto, la Ferrari spreca ancora una volta l’occasione di giocarsela con la strategia, prendendo una strada diversa da quella che consigliava l’esperienza in pista. Il resto si è risolto in un botto al via fra Hulkenber e Sainz, col tedesco che si è trovato in mezzo alle due Toro Rosso e ha causato la prima safety car, poi tutti in fila appassionatamente. Tanto che dopo 30 giri, metà gara, Vettel era a 62 secondi dal primo, cioè oltre un minuto. E Raikkonen a una trentina, come dire che tutta sta battaglia per la vittoria non c’è mai stata dato che un secondo al giro dal vertice, in 30 giri fan 30 secondi, poi si può sindacare sui cambi gomme, sulle scelte più o meno azzeccate e sulla durata delle coperture, ma la F.1 di oggi è questa e su piste diverse i risultati sono gli stessi: due Mercedes, due Ferrari, una Red Bull o due a seconda di come parte Verstappen e via di questo passo.
Le incognite sono arrivate dalla durata dei freni della Mercedes, che ha un impianto che tende a surriscaldare e a scaricare sul pilota il calore,e la scelta delle mescole delle gomme, con quella conservativa delle gialle che ha retto il minimo necessario a non trasformare per Rosberg la gara in una beffa e consegnargli nel giorno del suo 200° GP l’ottava vittoria della stagione. Eh già, perché se andiamo ad analizzare bene la classifica, su 15 gare la Mercedes ne ha vinte 14 (record McLaren del 1988 già eguagliato), il resto ciccia.
E se poi andiamo a fondo di quello che si è visto, vi pare normale cambiare 4 treni di gomme per fare 300 km di corsa? Vuol dire che ogni 75 km ci si deve fermare ai box. Nel mondiale in cui con un motore si devono fare almeno 4 gare i cambi devono durare una stagione, le carrozzerie devono durare degli anni e i piloti pure, le gomme devono durare meno del tempo necessario a fumarsi una sigaretta. Un controsenso notevole per una categoria in cerca di autore. Senza nulla togliere a Rosberg, Ricciardo, Hamilton Raikkonen Vettel e compagnia. Non è questo quello che si vuole dalla F.1 moderna.