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Ex Ilva, ArcelorMittal: “Incontro costruttivo”. I sindacati: “Ripartire dall’accordo del 2018. Privato inaffidabile”

Nov 23, 2019

MILANO – I sindacati dei lavoratori coinvolti nel rischio di chisura dell’ex Ilva di Taranto, ora affidata alla multinazionale indoeuropea ArcelorMittal, reagiscono alle notizie giunte dal vertice tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e la famiglia Mittal. Un incontro che ha sancito di fatto la riapertura della trattativa tra le parti, dopo che l’azienda aveva fatto scattare il recesso dal contratto che la legava al polo siderurgico più importante d’Europa, aprendo un contenzioso legale al Tribunale di Milano con i commissari straordinari dell’ex Ilva. La stessa società è venuta allo scoperto: “AM Investco conferma che l’incontro tenutosi ieri con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed altri membri del Governo per discutere possibili soluzioni per gli impianti ex Ilva è stato costruttivo. Le discussioni continueranno con l’obiettivo di raggiungere al più presto un accordo per una produzione sostenibile di acciaio a Taranto”, ha chiarito in una nota.

Ora lo scontro nelle aule giudiziarie è stato scongelato, in attesa di capire se si riuscirà ad arrivare a una mediazione che salvi la produzione tarantina. “Se il Governo italiano e ArcelorMittal intendono riavviare il dialogo, finalizzato alla salvaguardia degli impianti produttivi, lo facciano pure, ma per noi è fondamentale ritirare procedura ex art. 47 il minimo per riprendere il dialogo e ripartire da quanto sancito al Mise poco più di un anno fa, con l’accordo del 6 settembre 2018”, ha commentato il segretario generale aggiunto della Fim Cisl di Taranto, Biagio Prisciano.

La procedura ex articolo 47 è quella con cui ArcelorMittal ha riconsegnato alle società concedenti il personale assunto l’1 novembre 2018: 10700 nel gruppo, di cui 8200 a Taranto.

Da Taranto, rischi su tutto l’equilibrio della Cigs

Sulla situazione dei dipendenti del gruppo ha da poco ragionato l’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro, che in occasione dell’anteprima del Festival del Lavoro 2020 ha fatto i conti del possibile ritiro della multinazionale: “Nello scenario di stallo attuale della produzione” il prossimo anno “comporterà un esborso da parte dello Stato per la protezione del reddito dei dipendenti ex-Ilva pari a 207,6 milioni di euro”. Ad oggi l’operazione con Arcelor Mittal, per i Consulenti del Lavoro, “ha generato un’ingente spesa da parte dello Stato per ammortizzatori sociali”. In particolare, si spiega, “è prevista una spesa certa di 74,9 milioni di euro per la cassa integrazione, alla quale, in caso di un ulteriore ricorso agli ammortizzatori sociali per l’80% degli attuali dipendenti attivi a seguito del dietrofront di ArcelorMittal, si aggiungerà una spesa di ulteriori 132,7 milioni”. Se si considera che nel 2018, a fronte di 1,257 miliardi di euro incassati destinati al fondo per la Cigs, sono stati spesi in sostegni al reddito poco più di un miliardo di euro (1,008 milioni di euro, di cui 445 per contributi figurativi), “l’incremento di spesa stimato per il 2020 (dove l’ex-Ilva peserebbe fra il 20 e il 25% sulla spesa totale) comprometterebbe l’equilibrio finanziario del fondo destinato alla copertura dei beneficiari della cassa integrazione straordinaria”, ammoniscono ancora i Consulenti del Lavoro.

Fonte: Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro

Fonte: Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro

I sindacati aprono, ma vogliono lo Stato

Uno scenario – che descrive solo un microaspetto del disastro industriale che si potrebbe verificare – al qual il governo sta provando in ogni modo ad opporsi. “Accogliamo favorevolmente – ha aggiunto Prisciano dopo il vertice di Palazzo Chigi – ogni miglioria dal punto di vista ambientale e sotto il profilo della sicurezza, perché Taranto e i lavoratori hanno bisogno di tranquillità per una fabbrica ecosostenibile e sicura,che sia rispettosa di ambiente e salute. Come Fim, però, non accetteremo alcun esubero,questo deve essere chiaro al Governo ed ArcelorMittal”. Prisciano ha ricordato che con l’accordo del 2018 “c’erano garanzie per tutti, ivi compresi gli attuali 1700 lavoratori” rimasti in forza all’amministrazione straordinaria e ora in cassa integrazione straordinaria, “per i quali a fine piano c’è la garanzia di rientrare a lavoro”.

In linea Rocco Palombella, segretario generale della Uilm: “Dopo l’incontro di ieri a Palazzo Chigi si deve avviare una trattativa ad armi pari, senza pregiudiziali. Si deve partire dall’accordo del 6 settembre 2018 che ha avuto il consenso del 93% dei lavoratori e che è l’unico che garantisce risanamento ambientale, tutela livelli occupazionali e continuità industriale”.

Rep

Sulla necessaria supervisione pubblica ha insistito invece con l’Agi il segretario Fiom Cgil Taranto, Francesco Brigati: “ArcelorMittal ha dimostrato in questo anno, nella gestione dello stabilimento, di essere inaffidabile e soprattutto di non mostrare particolare interesse al futuro produttivo, ambientale e occupazionale di Taranto. Il governo non può lasciare nelle mani di una multinazionale un sito strategico per il Paese e pertanto si rende necessario l’intervento pubblico”. All’attacco anche il leader della Cgil, Maurizio Landini, secondo il quale “in questi mesi (la multinazionale, ndr) non ha lavorato per realizzare l’accordo ma per andarsene”, ma “togliere lo scudo penale gli ha dato l’alibi” per recedere dai suoi impegni.

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