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Diritto di nuova generazione, garantire a tutti la conoscenza delle decisioni

Giu 30, 2021

AGI – Garantire il ‘diritto alla conoscenza’ affinché tutti i cittadini possano essere messi nella condizione di sapere quali sono le ragioni che ci sono dietro ad una determinata decisione o atto.

È quanto contenuto in una raccomandazione, approvata lo scorso 22 giugno dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, rivolta agli Stati membri. Una ‘raccomandazione’ fortemente voluta dal Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights che ne ha seguito l’iter. Ne ha parlato con l’AGI il segretario generale, Ezechia Paolo Reale

La campagna per il diritto alla conoscenza

“Il Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights ha lanciato la campagna per il diritto alla conoscenza 5 anni fa con lo storico presidente dell’Istituto, Cherif Bassiouni – ha detto Reale – è stata una attività intensa dal punto di vista della definizione scientifica che ci ha visto in prima linea per raggiungere questo straordinario risultato: una risoluzione e una raccomandazione approvata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. 

La risoluzione è un invito agli Stati che aderiscono al Consiglio d’Europa ad adottare una serie di misure attraverso le quali rendere concreto il diritto alla conoscenza”. 

“Un nuovo rapporto tra governanti e governati”

In cosa consista il diritto alla conoscenza, Reale lo spiega così: “È un nuovo modo di intendere i rapporti tra governati e governanti. Si istituisce l’obbligo dei governanti a mettere a disposizione al pubblico tutte le informazioni alla base di una determinata decisione o provvedimento.  Una trasparenza proattiva o rafforzata: diventa accessibile a tutti la documentazione senza che ci sia bisogno di presentare una ‘richiesta di accesso agli atti’. 

Ha un grande significato perché consente a tutte le istituzioni qualificate, penso alle università o altri enti o associazioni, di poter fare tutte le riflessioni del caso. Un intervento qualificato dei corpi intermedi e a seguire, quindi, la necessità di trasmettere questa conoscenza al pubblico con l’entrata in gioco dei media, della stampa libera e indipendente senza la quale il diritto alla conoscenza non avrebbe senso”.

In questo, “il ruolo della stampa rende accessibile a tutti il risultato dell’analisi dei documenti: ad esempio alle prossime elezioni saprò chi e come votare perché saprò come valutare l’operato di chi mi governa. 

Questo crea un circuito molto importante di fiducia tra governati e governanti, per giungere a una fiducia del sistema democratico che è quello che manca nella società occidentale odierna, anche quelle più attenti ai diritti umani.

Negli ultimi anni sta avvenendo una continua erosione dei diritti umani, si creano dei meccanismi dove alcune decisioni vengono prese fuori dal circuito democratico. Pensiamo ad esempio alla pandemia, sono state prese delle decisioni anche incisive sulla libertà personale sulla base di rapporti segretati dell’Oms, e senza che nessuno potesse capire quello che stava succedendo”.

In questo scenario, “il diritto alla conoscenza diventa – spiega Reale – il diritto fondamentale di nuova generazione. È lo scudo globale di cui ha bisogno oggi una società tecnologica e allargata a tutti i Paesi del mondo. 

Non dobbiamo pensare più solo a garantire i diritti umani tradizionali, quelli nati negli anni ’50, oggi è necessario che tutti abbiano consapevolezza di quello che sta accadendo. Una democrazia partecipata e consapevole. A volte pensiamo che le libertà tradizionali debbano rimanere inviolabili per sempre invece stanno diventando aggredibili, l’unico diritto che ci permetterà di garantire la nostra libertà è il diritto alla conoscenza”. 

In un passaggio della risoluzione si fa espressamente riferimento alla necessità di che gli Stati creino un argine alle richieste di risarcimenti cosiddetti ‘intimidatori’ nei confronti dei giornalisti

“Si è trattato – aggiunge Reale – di un passaggio parlamentare importante, e questo punto ora fa parte del testo della risoluzione ufficiale. È stato aggiunto un ulteriore tassello alle misure che avevamo indicato per garantire la libertà di stampa ma anche della sua indipendenza. Si invitano gli Stati ad adottare misure utili a scoraggiare le azioni risarcitorie intimidatorie nei confronti dei giornalisti.

Noi stiamo già pensando come tradurre questo invito nelle norme nazionali, e stiamo riflettendo su quello che già esiste in alcuni Paesi come, ad esempio,  ad una punizione economica rafforzata per chi porta avanti un’azione giuridica infondata con il solo fine di  togliere la voce ad un giornalista. Se l’azione risultasse ‘intimidatoria e infondata’ dovrebbe essere previsto  un danno economico rapportato alla richiesta che era stata fatta”.

Il segretario generale del Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Right sottolinea infine che questa risoluzione “rappresenta solo un primo passo, ora bisognerebbe che ogni Paese che aderisce al Consiglio d’Europa ragionasse su come metterla in pratica nel proprio ordinamento. Stiamo, inoltre, pensando di presentare una risoluzione analoga presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite al fine di allargare il diritto alla conoscenza anche ad altri Paesi  al di fuori di quelli del Consiglio d’Europa, in Paesi dove c’è anche più bisogno”. 

 

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