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Deboli le Borse europee: cresce l’incertezza sulle mosse della Fed

Ago 31, 2016

MILANO – Sono giornate di riflessione per gli investitori dopo il balzo record della fiducia dei consumatori americani elaborato dall’Università del Michigan. Secondo gli addetti ai lavori il dato avvicina sempre più il rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, ma i mercati preferiscono restare cauti in attesa del dato sulla disoccupazione in arrivo venerdì, mentre oggi verranno coumunitcati gli addetti nel settore privato. Il rapporto sull’occupazione Usa ad agosto, infatti, è l’ultimo prima della riunione della Fed del 20 e 21 settembre prossimi: se il numero di posti creati sarà buono, non sono escluse vendite a Wall Street perché in quel caso i trader si concentrerebbero più sul rischio di un aumento del costo del denaro e meno sul fatto che il mercato del lavoro continua a migliorare. La prossima settimana, però, sarà la Bce ha inaugurare il ballo della banche centrali: gli addetti ai lavori sono convinti che Mario Draghi annuncerà nuove mosse a sostegno della ripresa.

Avvio di seduta poco mosso per Piazza Affari. L’indice Ftse Mib cede lo 0,1%. In ribasso anche le altre principali Borse europee: Parigi perde lo 0,2%, Londra lo 0,1% e Francoforte lo 0,3%. Sotto i riflettori il comparto bancario in scia a rumor secondo cui Deutsche Bank starebbe considerando la fusione con Commerzbank.

A livello macroeconomico i fari sono rivolti verso l’Italia con il rapporto sull’occupazione a luglio, l’andamento dell’inflazione ad agosto e le retribuzioni contrattualia luglio. In Germania, invece, le vendite al dettaglio sono cresciute – il mese scorso – dell’1,7%, mentre la disoccupazione è calata dal 6,4 al 6,1%. In Francia l’inflazione in francia registra una crescita dello 0,3% mensile a luglio e dello 0,2% tendenziale, ma preoccupa il continua rallentamento dei consumi delle famiglie francesci che a luglio sono calati dello 0,2%.

Lo spread è stabile poco sotto quota 120 punti base con i Btp che sul mercato secondario rendono l’1,1%. Dopo il buon andamento dell’asta di Bot di lunedì, ieri il Tesoro ha venduto quasi tutti i 6 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni (5,915 miliardi) con tassi scesi ai nuovi minimi storici. Il rendimento medio del quinquennale è sceso a 0,19% da 0,26% dell’asta di luglio, mentre quello del decennale è calato all’1,14% dall’1,24% precedente. L‘euro apre poco mosso sotto quota 1,12 dollari e lo yen arretra dopo i deludenti dati sulla produzione industriale in Giappone a luglio. La moneta europea passa di mano a 1,1149 dollari e 114,94 yen.

Come detto a Tokyo delude la produzione industriale rimasta ferma a luglio rispetto al mese precedente dopo il balzo del 2,3% registrato a giugno. Il dato è inferiore alle attese degli analisti che si attendevano una crescita attorno allo 0,8 per cento. Le previsioni stimano un balzo del 4,1% ad agosto e una crescita dello 0,7% a settembre. Nonostante tutto, il principale listino asiatico è riuscito a chiudere in positivo approfittando proprio della flessione dello yen nel cambio con il dollaro: l’indice Nikkei dei titoli guida ha guadagnato lo 0,97% a 16.887,40 punti.

Ieri sera, la seduta di Wall Street è finita in calo. Ancora una volta i volumi sono stati sottili, mentre gli indici continuano a muoversi all’interno di un intervallo ristretto. Il settore delle utility (-1%) è stato il più colpito mentre quello finanziario (+0,9%) è l’unico scampato alle vendite portando il bilancio mensile a un rialzo superiore al 3%. I titoli di banche e assicurazioni hanno corso alla luce della prospettiva di un aumento dei tassi da parte della Federal Reserve. Il Dow Jones ha perso 48,69 punti, lo 0,26%, a quota 18.454,3; l’S&P 500 ha ceduto lo 0,2%, a quota 2.176,12; il Nasdaq ha lasciato sul terreno 9,34 punti, lo 0,18%, a quota 5.222,99.

Sul fronte delle materie prime, il prezzo del petrolio si stabilizza in attesa dei dati sulle scorte settimanali Usa. D’altra parte, il rafforzamento del dollaro indebolisce i prezzi, così come l’eccesso di rifornimenti che non accenna a diminuire, anzi paesi come Iran, Iraq e Nigeria preannunciano aumenti della produzione. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cede un cent a 46,34 dollari e quelli sul Brent arretrano di 2 cent a 48,35 dollari al barile.

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