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Dazi, i due tavoli degli Usa: tregua in vista con la Cina, ma sale la tensione con l’Ue

Gen 12, 2020

MILANO – Si annuncia una settimana a due facce per gli Stati Uniti e i loro fronti commerciali. Da una parte, con il tradizionale alleato europeo, si prospetta tensione per la chiusura della lista di prodotti che saranno sottoposti a nuove tariffe, dopo che il Wto – a conclusione di una battaglia tra Boeing e Airbus – ha concesso a Washington di imporre incrementi doganali per 7,5 miliardi di dollari di valore. Invece con Pechino si attende la formalizzazione della distensione dopo il lungo braccio di ferro commerciale, con la firma sulla fase 1 di un accordo che dovrà poi percorrere altri passi importanti.

La tensione tra gli alleati atlantici

La prima data cerchiata in rosso in agenda è il 13 gennaio, quando si conclude la procedura di consultazione avviata dal Dipartimento del Commercio americano (Ustr) sulla nuova lista allargata dei prodotti europei nel mirino, una nuova scure dopo la black-list già entrata in vigore il 18 ottobre scorso. La Coldiretti ha già lanciato il suo allarme e la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, ha chiesto all’Europa “un’azione forte senza un minuto da perdere”. Lunedì è il termine fissato dal Federal Register nell’ambito della disputa nel settore aereonautico che coinvolge l’americana Boeing e l’europea Airbus dopo che il Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, ha autorizzato gli Usa ad applicare un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari delle sanzioni alla Ue.

“Per l’Italia al danno si aggiunge la beffa poiché il nostro Paese si ritrova ad essere punito dai dazi Usa nonostante la disputa tra Boeing e Airbus, causa scatenante della guerra commerciale, sia essenzialmente un progetto francotedesco al quale si sono aggiunti Spagna ed Gran Bretagna”, ha osservato nel fine settimana il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. “Con la nuova black list – sottolinea l’associazione – Trump minaccia di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del Made in Italy. La nuova lista ora interessa i due terzi del valore del nostro export in Usa che è risultato pari al 4,5 miliardi in crescita del 13% nei primi nove mesi del 2019. I nuovi dazi arriverebbero a quasi tre mesi dall’entrata in vigore dei dazi aggiuntivi del 25% che hanno colpito per un valore di mezzo miliardo di euro prodotti simbolo italiani come Parmigiano Reggiano e Grana Padano, salumi, agrumi e alcuni liquori come amari e limoncello.

E la tregua con Pechino

Se dunque lungo l’Atlantico scorre una forte tensione, con la Cina si aspetta un decisivo passo verso il disgelo. La data ufficiale è questa volta il 15 gennaio: l’accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina “è fatto” e in quella data ci sarà “una cerimonia di firma con Xi” Jinping, il presidente cinese – ha assicurato il presidente americano, Donald Trump. Si tratta di una prima fase di accordo che pone fine all’escalation iniziata più di un anno e mezzo fa: era l’8 marzo 2018 quando Trump annunciò tariffe del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% sull’alluminio da diversi paesi nel tentativo di ridurre l’enorme deficit commerciale degli Stati Uniti, che l’anno rima aveva raggiunto 566 miliardi di dollari, di cui 375 miliardi di dollari con la Cina, il più grande produttore mondiale di acciaio e alluminio. Da lì in avanti è stato un susseguirsi di nuovi giri di vite e tentativi di conciliazione, fino ad arrivare al settembre scorso quando gli Usa hanno annunciato uno slittamento dei dazi che sarebbero dovuti scattare di lì a poco in automatico.

Fin da subito è stato interpretato come una mano tesa all’economia asiatica, che infatti ha fatto la sua parte acconsentendo all’acquisto di prodotti agricoli statunitensi per 40-50 miliardi di dollari. Un momento di nuova tensione c’è stato quando Washington ha approvato un pacchetto di norme a favore dei manifestanti di Hong Kong, ma il percorso sul fronte commerciale non è deragliato e a metà dicembre è stata di fatto ufficializzata la fase 1 dell’intesa: sospende l’introduzione di nuove tariffe, sia da parte degli Stati Uniti che della Cina, che sarebbero partite il 15 dicembre. Trump ha confermato la sospensione dei dazi al 15% su quasi 160 miliardi di dollari di prodotti made in China, a cui Pechino avrebbe risposto con tariffe su 3.300 prodotti statunitensi.

L’ultimo sigillo è atteso ora alla Casa Bianca. Parecchio rumore ha fatto negli ultimi giorni uno studio pubblicato dal National Bureau of Economic Research sugli effetti scatenati dai dazi di Trump su 550 miliardi di prodotti importati, compresa la risposta cinese sui 185 miliardi di prodotti in direzione opposta. Nonostante l’affermazione agostana di Trump secondo il quale i “nostri consumatori non stanno pagando nulla”, il Nber ha affermato che “all’incirca il 100% delle tariffe sull’import sono state scaricate sugli importatori e sui consumatori”. Magari anche questi numeri, in un anno elettorale, hanno portato la Casa Bianca a distendere i muscoli.

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