I cuochi del social eating lo aspettavano da mesi. Qualche giorno fa la X Commissione delle attività produttive della Camera ha concluso l’esame del testo che disciplina che disciplina l’attività di ristorazione in abitazione privata: 7 articoli regolamentano per la prima volta l’home restaurant, al fine di valorizzare e favorire la cultura del cibo tradizionale e di qualità.
Nella Ue 28 miliardi generati dalla sharing economy
La discussione in Aula del disegno di legge ha colto in pieno l’invito della Commissione europea a definire un’agenda per l’economia collaborativa (Comunicazione presentata nello scorso mese di giugno): l’Ue crede nella sharing economy e invita gli Stati membri a favorirne lo sviluppo, quale contributo importante alla crescita e all’occupazione. A generare fiducia nei nuovi modelli di business sono i numeri: lo scorso anno il reddito lordo originato nell’Unione dalle piattaforme collaborative è stato di circa 28 miliardi di euro.
Stop alla deregulation
Cosa cambia in Italia nel mondo del social dinner? Se in Francia gli home restaurant vengono incentivati, da noi è stop alla deregulation. “L’attività finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo di residenza o domicilio, proprie o di un soggetto terzo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti, anche a titolo gratuito e dove i pasti sono preparati all’interno delle strutture medesime” trova nel nuovo testo di legge tetti, limiti e paletti. Esultano in pochi, soddisfatta la Fipe che da tempo si appella alla concorrenza sleale, ai rischi per la salute pubblica e per l’evasione fiscale per arginare “un fenomeno che distorce il mercato”.
Il “soggetto gestore”, l’ “operatore cuoco” e l’ “utente fruitore”
La fantasiosa nomenclatura del social eating si irrigidisce in definizioni tecniche: il “soggetto gestore” è la piattaforma digitale (Gnammo, ad esempio) che garantisce che le informazioni relative alle attività degli utenti iscritti, ovvero l’“operatore cuoco” e l’”utente fruitore”, siano tracciate e conservate, seppur nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy. La piattaforma è inoltre tenuta a rendere disponibili le informazioni agli enti di controllo competenti. L’ottica è quella di “ stabilire innanzitutto delle garanzie per gli utenti”, come dichiara il relatore Angelo Senaldi (Pd). E leale concorrenza.
Coperti e pagamenti elettronici
L’attività di home restaurant deve essere saltuaria. Non può spingersi oltre il limite dei 500 coperti l’anno. E i proventi non possono superare i 5mila euro in 12 mesi. Necessario precisare, chiedono gli interessati, se la cifra va intesa come “utile”. Si attende un chiarimento da parte della Ragioneria generale dello Stato. Il pagamento deve avvenire tramite la piattaforma che gestisce le prenotazioni, attraverso carta di credito o bancomat. Mai ospiti a sorpresa: la partecipazione dell’ “utente fruitore” all’evento enogastronomico a domicilio richiede in ogni caso l’assenso da parte dell’ “operatore cuoco”. Gli appuntamenti per pranzi e cene devono essere on line almeno 30 minuti prima del loro svolgimento. L’eventuale cancellazione del servizio deve rimanere tracciata.
Assicurazione per cuochi e immobili
Fra le responsabilità del soggetto gestore della piattaforma digitale, c’è quella di informare gli “utenti fruitori” che l’ home restaurant è un’ “attività non professionale di ristorazione”. Deve verificare inoltre che i cuochi siano coperti da polizze assicurative e che l’unità immobiliare ad uso abitativo sia coperta da apposita polizza sulla responsabilità civile verso terzi. Chi gestisce le piattaforme infine garantisce che chi si cimenta ai fornelli sia in possesso dei requisiti previsti. A cominciare dall’Haccp per l’ igiene dei prodotti alimentari e dall’ abitabilità dell’immobile. La piattaforma Gnammo, la più diffusa in Italia, sta lavorando a un progetto di formazione per cuochi casalinghi.
Scia obbligatoria e divieti
Necessaria anche la Scia per segnalare al Comune l’avvio dell’attività. La dichiarazione produce effetti immediati. In caso contrario, si chiude e si rischia l’applicazione di sanzioni amministrative: multe da 2.500 a 15.000 euro. Per i sostenitori della sharing economy la procedura “snatura gli home restaurant, connotandoli come attività commerciali”. Il provvedimento vieta anche di sommare il social eating al servizio di affittacamere che prevede la destinazione di unità immobiliari a uso abitativo (AirbnB, ad esempio) ad attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale. “Il rischio è che diventino un secondo lavoro, magari in nero – aggiunge Senaldi -. Per questo il testo di legge vieta ai Bed & Breakfast di praticare attività di home restaurant”.
Le contestazioni di Homerestaurant.com
Per Giambattista Scivoletto, fondatore di hoerestaurant.com, il provvedimento rappresenta un ulteriore passo verso la chiusura nei confronti di questa promettente attività di sharing economy. L’obbligo di registrazione sulle piattaforme web e quello di acquisire pagamenti solo in forma elettronica impedirà l’85% delle nuove aperture. Nessuno potrà avviare un home restaurant, promuoversi con il passaparola o con un proprio sito web”. Gaetano Campolo, che ha registrato il marchio Home Restaurant Hotel, per la sua attività nel centro storico di Firenze (72mila euro investiti) in cui abbina l’affitto delle camere e l’home restaurant, attende spiegazioni. La speranza è riposta in una pronuncia dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, prima che la legge arrivi in aula per il voto finale.