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“Dai terroristi del fuoco danni al paesaggio per miliardi”

Lug 29, 2022

AGI – Dopo la siccità, gli incendi. L’Italia continua a bruciare da giorni. I roghi non si contano più. Dall’inizio dell’anno in media più un incendio al giorno. E oggi sono più che triplicati. Venti a Roma in un solo giorno. Erasmo D’Angelis, segretario generale dell’Autorità di bacino dell’Italia Centrale, non ha dubbio alcuno: “Il territorio è stato abbandonato a sé stesso. Non c’è più alcun controllo certo. Trent’anni fa c’erano le vedette, il Wwf, Legambiente che facevano un po’ d’avvistamenti, ma la sensazione è che da quando la Forestale è confluita nei Carabinieri tutto un mondo sia andato un po’ a rotoli, riducendo di gran lunga la propria efficienza, con tutto il rispetto per i Carabinieri, sia chiaro… Ma intorno ai forestali c’era tutto un ambiente, fatto anche di associazioni ecologiste, che vigilava. Ora tutto questo mi sembra venuto meno”.

Il riferimento di D’Angelis è al decreto 177 del 2016 sull’attività di lotta agli incendi boschivi, prefigurate dalla legge Madia che ha riorganizzato il Corpo Forestale dello Stato riassegnando in questo modo le competenze: all’Arma dei Carabinieri compiti di prevenzione, repressione delle violazioni e monitoraggio del territorio, ai Vigili del Fuoco lo spegnimento degli incendi. Compiti una volta svolti dalla vecchia Guardia forestale, che da sei anni è stata smembrata ed è confluita da una parte e dall’altra. Annota una relazione della Corte dei conti dello scorso anno, che ha analizzato lo stato di attuazione del decreto 177/2016: “La capillarità della presenza dei Comandi Stazione Forestali, fino al 31 dicembre 2016, consentiva tempi di reazione più rapidi. I ritardi possono causare effetti a catena, come l’ampliamento della superficie interessata e l’intensità delle fiamme”. 

Il giudizio della Corte in materia è questo: “Il tema della ripartizione e del corretto impiego del personale forestale transitato ai Vigili del Fuoco rappresenta l’aspetto più problematico dell’intera riforma e abbisogna certamente di interventi correttivi”.

Di chi la colpa di un numero così alto di incendi, D’Angelis? “Dei terroristi dell’ambiente, delinquenti che provocano danni per miliardi di miliardi, al patrimonio pubblico, al patrimonio privato, mettono a rischio l’incolumità delle persone, danno vita a nubi tossiche che sono un attentato alla salute pubblica. Bisognerebbe prendere provvedimenti, istituire un’intelligence che cura e previene, ma quel che è certo è che in tutto questo tempo non è stato individuato nessun piromane. È complicato, si sa, ma il paradosso degli incendi è sempre lo stesso: se è sempre chiara la matrice dolosa dell’innesco, quasi sempre restano oscuri e senza volto gli incendiari. Chi li ha visti? Quanti sono stati finora denunciati o arrestati? E quanti, se beccati con le mani nel fuoco, tornano a incendiare?”

Tanto più, sottolinea il Segretario Generale dell’Autorità di bacino dell’Italia Centrale, “sappiamo che sono statisticamente irrilevanti gli incendi naturali provocati da una eruzione vulcanica, un fulmine o auto-combustione” mentre invece “una recente indagine proprio del Corpo Forestale dello Stato mostra tra le cause principali degli incendi boschivi un incredibile e impunito ventaglio di folli distrazioni e di criminali motivazioni”, tra cui figurano “speculazione edilizia, l’apertura col fuoco di piste forestali, lucro sugli affari dei rimboschimenti e delle bonifiche e degli spegnimenti, bracconaggio, ritorsioni della criminalità organizzata o vendette personali, reazioni ai vincoli imposti nelle aree protette, oppure divertimento di minorenni, l’intento di deprezzare aree turistiche concorrenti, patologie comportamentali come piromania e mitomania”.

Come ovviare? S’interroga ancora D’Angelis: “Perché al tempo di droni e telecamere e geolocalizzazioni non si riesce a prendere quasi mai un incendiario? È, questo, un problema sia per l’oggi sia per il futuro prossimo di fronte alla rivincita di boschi e foreste e alla ritrovata ricchezza di biodiversità della penisola che ha visto l’aumento clamoroso del 25% della sua superficie boschiva negli ultimi 30 anni, con il raddoppio insperato del manto verde rispetto all’immediato dopoguerra”

Come sarebbe, segretario? Anche di fronte alla devastazione degli incendi l’area boschiva cresce? “Sembra assurdo ma è così. Oggi alberi e vegetazione stanno occupano un terzo del territorio italiano, per l’esattezza 11.778.249 ettari su 30.133.800. Incredibile, se pensiamo che solo 80 anni fa occupavano meno di 5 milioni di ettari! E nel Settecento ancora meno, dopo le deforestazioni amazzoniche medievali e rinascimentali”.

Com’è possibile? “Se l’Italia è sempre più colorata di verde da foreste, aree boscate ed ecosistemi assimilabili, come la macchia mediterranea, è perché il selvatico si è ripreso lo spazio che l’economia rurale gli aveva sottratto, con l’abbandono dell’Italia coltivata stimato da Coldiretti negli ultimi 25 anni in una perdita di oltre un quarto delle nostre terre un tempo ‘presidiate’ da famiglie di contadini e da aziende agricole. Se la naturalità è un valore in sé, lasciar fare tutto alla natura in tanti casi è semplicemente folle. Ed è doppiamente folle mettere questa naturalità strepitosa a rischio del terrorismo incendiario, la forma di criminalità da contrastare con forza anche con diffuse campagne di prevenzione e educazione oltreché con una durissima repressione”, spiega sempre Erasmo D’Angelis.

Dunque, per prendere provvedimenti adeguati basterebbe attenersi ai danni subiti dall’ambiente. Secondo D’Angelis, l’European Forest fire Information System calcola ad esempio che nell’area Ue, cioè un’area più vasta delle Baleari, siano già andati in fumo per roghi accesi in tutto il continente dal 1° gennaio scorso ben 515mila ettari di verde soprattutto in Italia, Spagna, Portogallo e Francia.

“Da noi – calcola ancora il Segretario Generale dell’Autorità di bacino dell’Italia Centrale – sono divampati, dagli inizi di giugno, ben 1.946 incendi che finora hanno bruciato 27.883 ettari, con costi stimati da Coldiretti per oltre 10.000 euro ad ettaro per spegnimento e bonifiche. E noi italiani abbiamo alle spalle un 2021 già preda di delinquenti piromani che hanno incenerito una superficie di 110 mila ettari, per non parlare poi del picco del 2017 con 160 mila ettari in fumo per 8.000 roghi, un record che se continua così rischiamo oggi di raggiungere”.

Secondo D’Angelis i danni sono incalcolabili perché “questi criminali aprono delle ferite nel nostro ambiente che solo dopo molti decenni si potranno rimarginare ma dopo aver procurato vittime e danni economici incalcolabili al paesaggio, all’agricoltura, al turismo”. E conclude con un calcolo: “In un ettaro di superficie in cenere perdono la vita in media anche 400 animali selvatici tra rettili e mammiferi e oltre 300 uccelli. E per ricostituire un bosco di montagna sa quanto tempo ci vuole? Occorrono secoli”. Quanto alla Corte dei conti, l’unico vero plauso alla riforma va nella direzione del raggiungimento dell’obiettivo del risparmio che è risultato pari a circa 29,26 milioni di euro da conseguire nel triennio 2017–2019 e che “a seguito di detto assorbimento, è stato raggiunto nella misura del 93%”.

Ma secondo la magistratura contabile, “è necessario migliorare ulteriormente l’organizzazione dell’Antincendio boschivo sul territorio, attualmente sottodimensionato rispetto alle esigenze, insieme ad alcuni impropri reimpieghi del personale forestale e all’attività formativa”.

Secondo i calcoli fatti, la riassegnazione degli ex Forestali alle altre forze armate e di polizia ha visto su 7.782 unità, quasi l’intero organico (il 92%) confluito nell’Arma dei Carabinieri mentre nei Vigili del Fuoco solo 390 operatori, pari al 5% del precedente organico. Un numero che viene ritenuto già esiguo risultato poi falcidiato anche da congedi, dimissioni e contenziosi e – di fatto – risultato di 240 unità, con un meno 40% del personale previsto. Ancora alcune cifre: “E se pensiamo che dal 1980 ad oggi le superfici interessate dal fuoco sono state di oltre 4 milioni di ettari con una media di 106.894 ettari all’anno, abbiamo un’idea del dramma ampiamente sottovalutato”, conclude D’Angelis. 

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