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Da marzo riparte l’immobiliare, due anni per rivedere prezzi e operazioni pre-Covid

Feb 3, 2021

MILANO – La crisi dell’immobiliare ha un grafico a W, che ricalca blocchi e riaperture delle attività da un anno a oggi. Ma nei prossimi due mesi dovrebbe esserci il picco negativo, verso la risalita che dalla seconda parte del 2021 “aprirà la strada a una crescita costante per i successivi tre anni”.

In ogni caso, prima del 2023 sarà difficile rivedere prezzi e transazioni (634 mila) a cui era tornato il mercato italiano nel 2019, prima della scossa pandemica. Sono le principali evidenze della “Analisi del mercato immobiliare e possibili scenari post Coronavirus”, promossa da Sarpi Immobiliare, Asta Advisor e dalle associazioni di categoria Anama e Fiabci confrontando vari dati con 2.100 interviste a operatori e clienti.

Una crisi a dente di sega

L’emergenza Covd-19 ha creato nel 2020 un rallentamento delle operazioni e un calo delle transazioni, tali che l’annata chiusa ha segnato, secondo i dati citati nello studio, un calo a 510 mila compravendite (-19,5%), malgrado la leggera ripresa nel terzo trimestre, in sincrono con la riapertura delle attività, e un quarto trimestre nel complesso positivo.

I picchi di risalita e di ribasso “si prolungheranno attraverso il 2021 a causa delle nuove chiusure a livello nazionale, che porteranno ad una nuova discesa con picco a marzo-aprile 2021 – riporta la ricerca – Questa crisi mostra un classico andamento a W, piuttosto che a U”. Un andamento tipico delle crisi dovute a fattori esterni, e più somigliante alla caduta del mattone del 1993 che non alla crisi “lenta” e profonda del 2008 (durata infatti un decennio).

Quanto i denti della sega saranno aguzzi e numerosi dipenderà da due fattori: “il rimbalzo dell’economia e l’efficacia della campagna di vaccini”. E in ogni caso, dopo il calo delle quotazioni del 2% visto l’anno scorso, nel 2021 si finirà peggio, con un -3,8%, ribasso in attenuazione l’anno successivo (-1,2% è la stima) e solo nel 2023 si rivedrà un frazionale rialzo.

Riqualificare le città per attrarre i grandi capitali

Il calo dei prezzi e la forte liquidità dei mercati apre “un periodo interessante per gli investitori”: a patto saper leggere i rivoluzionari cambiamenti a domanda e offerta nel settore introdotti dalla pandemia. “Le persone prima interessate all’acquisto prime case o a un cambio casa (per avere più spazio), potrebbero essere frenate da vari motivi: paura e incertezza sul lavoro, difficoltà a vendere casa e a ottenere mutui bancari”. Si aggiunga il ribasso dei canoni di locazione (-1% medio) che induce i compratori a “temporeggiare”, e la nuova voglia di “zone più periferiche, dove acquistare immobili di metrature maggiori con spazi esterni”, un portato dello smart working.

Simili dinamiche rilanciano la ricerca di seconde case, “con più interesse per luoghi strategici come zone di mare o montagna, possibilmente non distanti dalle città”. Fondamentali per il rilancio saranno le grandi città, Milano in testa. Il capoluogo lombardo è stata l’unica città a tenere i prezzi in crescita durante la crisi, in linea con le capitali europee: i prezzi milanesi 2020 sono saliti dello 0,5%, a fronte di un calo dello 0,9% di Roma, del 3% di Torino e dello 0,5% di Napoli (ma +2,5% di Londra, +8% Parigi e +8% Berlino).

Secondo i ricercatori Milano e le maggiori città italiane devono ispirarsi alle metropoli mondiali per attrarre i capitali internazionali in corso di smistamento: ma anche in questo caso si devono interpretare al meglio “i cambiamenti della percezione dei luoghi e delle esigenze abitative e di lavoro”. Secondo l’analisi, “i grandi capitali immobiliari punteranno sulla riqualifica di ampi spazi, per ottenere abitazioni e uffici moderni ed ecologici che possano soddisfare le nuove tendenze”. Un esempio riguarda la trasformazione di grattacieli e grandi edifici milanesi “da uso ufficio a misto (residenziale-ufficio-ricettivo)”. Una sfida nella sfida per le città italiane, che sono l’avanguardia del settore.

La rivincita di alberghi e case vacanze

L’ambito ricettivo, che ha subito più danni dalle chiusure di attività, rimane “uno dei punti di forza del sistema produttivo italiano”, ed è atteso da un forte rimbalzo, perché “la gente ricomincerà a viaggiare e favorirà un rilancio immediato del turismo”. Per questo motivo “sarà di particolare interesse l’investimento a scopo turistico, con l’acquisto di immobili destinati agli affitti brevi”, specie nelle grandi città d’arte del Paese.

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